Domani si celebra il 150° della proclamazione dello Stato Italiano, lo sappiamo tutti. Stato che è nato dagli ideali risorgimentali, ideali per cui hanno combattuto e sono morti tanti italiani nel corso della prima parte del diciannovesimo secolo. L'unità d'Italia si è perfezionata poi, in tappe successive, con le battaglie del 1870 e infine con la prima guerra mondiale. Anche in questa fase tanti hanno sacrificato la vita per quell'ideale.
Negli anni trenta abbiamo anche tentato di trasformare il Regno in Impero, e anche in questa fase molti hanno lasciato la vita sui campi di battaglia.
Infine con la lotta partigiana, se vogliamo anche con il sacrificio dei ragazzi che hanno creduto nella RSI, e con il non tradimento del giuramento di fedeltà (penso a Cefalonia), molti altri sono morti per difendere la loro idea di Stato ITALIANO.
Ciò premesso non può essere consentito ad un personaggio della statura intellettuale, culturale e morale del sig. Renzo Bossi, cittadino italiano e consigliere regionale della Regione più popolosa del Paese, di affermare - come ha affermato - che "il tricolore identifica un sentimento di 50 fa".
Capisco che la percezione del tempo del predetto è pari a quella di una ameba, capisco che sul piano privato si può essere tutto ciò che si è in grado di essere, ma il sig Renzo Bossi - che suo padre ebbe l'intuizione di chiamare IL TROTA - ricopre un ruolo istituzionale e non può essere consentito nè a lui nè ad alcun altro di irridere così il sacrificio di tanti.
Soprattutto non dovrebbero consentirglielo i suoi coetanei che si arrabattano per lavori precari a 1.000 euro al mese se va bene.
E' questo il mio modo di commentare l'anniversario di domani. Basta
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