Dopo l'ebraismo passiamo al cristianesimo, con le riserve già fatte per l'ebraismo.
Premetto che non ho mai particolarmente subìto il fascino della figura del Cristo. Lo ho sempre considerato un rabbi perfettamente inserito nella comunità ebraica del suo tempo che si credette e fu creduto il "messia" di cui la tradizione profetica aveva ipotizzato la venuta. Un uomo di grande personalità e di grande carisma che concepì la sua "missione"come quella di richiamare la comunità ebraica al ritorno alla e al rispetto della "legge" e della "tradizione" dei padri. Vedo nelle sue parole e in tutto il suo insegnamento più un messaggio di richiamo ai "valori" tramandati dai padri che un messaggio di "amore" e "fratellanza" tout court. Lo stesso discorso della montagna mi sembra avere come base la conservazione dello status quo nella società del suo tempo più che ssere un messaggio di consolazione confinata nel solo riscatto escatologico. Sono anche convinto che se nel concilio di Gerusalemme dell'anno 50 avesse prevalso la tesi di Pietro secondo il quale il messaggio doveva essere limitato al popolo ebraico e non fosse stata data a Paolo la possbilità di portare la "buona" (eu) "novella"(vangelos)anche ai gentili, il Cristo si sarebbe perso nei meandri della storia come tanti altri. E' a Paolo che si deve l'affermazione del messaggio del cristo come "nuova"religione e "nuova" alleanza. La nuova religione stentò ad affermarsi come tutti gli "stati nascenti".L'accelerazione avvenne alla fine del secondo secolo con Ireneo di Lione che nella sua opera monumentale "Contra eresias" cominciò a fare ordine tra le varie "letture" e tra i vari "vangeli" che circolavano in un mondo ancora saldamente "romano" e, soprattutto, nel IV secolo.
Tre le tappe principali:
a) l'editto di Milano con il quale il cristiannesimo fu dichiarato "religione ammessa"
b) il concilio di Nicea del 325 sotto l'egida dell'imperatore Costantino in cui furono fissate le basi teologiche che sarebbero poi state "quelle" e non altre
c) l'editto di Teodosio del 380 con il quale il Cristianesimo fu dichiarato "religione ufficiale dell'impero". E' qui che cominciano a svilupparsi connotazioni integraliste che trovarono in Agostino e, soprattutto, in Ambrogio, due convinti sostenitori. Il senatore SIMMACO pronunciò in senato una bellissima orazione nella quale ammoniva il cristianesimo ormai trionfante a non dimenticare i tempi in cui era stato il cristianesimo ad essere perseguitato. Invano. Con Simmaco, secondo me, finisce il mondo pagano. Nei secoli successivi l'affermazone trovò sostegno nei re di Francia, Merovingi e Carolingi, nella coversione dei popoli di matrice tedesca (Longobardi in primis), nel movimento monastico che preservò la cultura e le conoscenze, nell'impero romano d'oriente che arginò ad oriente per secoli l'espansionismo islamico Ma il trionfo del Cristianesimo, che assunse da allora caratteri di integralismo assoluto, avvenne con Ildebrando di Soana (Gregorio VII) e con l'umiliazione dell'autorità imperiale(Enrico IV). Per oltre quattro secoli qui in occidente il Cristianesimo e il Papato furono pensero unico, pensiero assolutamente integralista che spazzò via ogni opposizine ed ogni voce critica. Basti pensare all'inquisizione. Un primo scossone avvenne con la riforma di Lutero alla quale il pensiero unico reagì con la Controriforma (tutto il sedicesimo secolo funestato dalle guerre di religione). Giordano Bruno pagò con la vita, Galileo rischiò di farlo;poi arrivò Spinoza ma soprattutto fu l'illuminismo, francese, inglese e tedesco, a sgretolare il pensiero unico al quale Nietzsche inferse il colpo finale. Oggi il cattolicesimo ha rinunciato con il Concilio ed ora con Papa Francesco ad una pretesa egemonica, ma è storia di oggi, non dei duemila anni che ci hanno preceduto. Così, a grandi linee, io la penso.
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