Pubblico nuovamente questo post scritto e pubblicato il 16 marz
o con le mie valutazioni in ordiee agli effett idella pandemia, che in quella fase era particolarmente virulenta, sui nostri comportamenti, sulle nostre paure, sul nostro rapporto con la morte e con il dolore
Il corona virus ci sta costringendo ad un radicale cambiamento delle nostre abitudini, è in pratica l'unico oggetto di conversazione all'interno delle famiglie e tra amici, assorbe gran parte delle attività dei media. è l'argomento più discusso sui socials. In continuazione vengono aggiornati i dati sui nuovi casi, i ricoverati in strutture ospedaliere, le persone in via di guarigione, i guariti, i deceduti. Quanto a questi ultimi si tende a sottolineare che i deceduti sono prevalentemente persone anziane, affette in genere da altre gravi patologie (SENECTUS IPSA MORBUS, sosteneva Cicerone) che sono decedute non a causa del "coronavirus" ma "con il "coronavirus"quasi ad esorcizzare con questa sottolineatura le molteplici paure che caratterizzano la situazione, in particolare la paura della morte.
Ora mi chiedo: la drammaticità dell'esplosione della epidemia in queste ultime settimane ha in qualche misura cambiato in noi essere umani la percezione della morte e del nostro destino individuale ad essa legato?Cercherò di dire - innanzitutto - quello che sento io. Gnotsi Sauton ammoniva un altro autorevole personaggio del mondo antico, ammonimento sempre valido.
Dunque, vediamo. Ho settantadue anni, il fisico per un lungo periodo non mi ha mai tradito, poi sembra abbia voluto farmi scontare con abbondanti interessi e in tempi concentrati il presunto credito che avevo maturato nei confronti della vita. Nel 2004 ho fatto una brutta caduta da fermo sugli sci che ha provocato una fastidiosa e mai risolta tendinopatia alla cuffia dei rotatori con consegiuenti problemi di postura e conseguenti dolori osteoarticolari. l'anno successivo risalendo dall'acqua sul catamarano dopo aver fatto il bagno in mare nel più bel atollo del mondo, a Rangiroa in Polinesia, sono scivolato sul fondo della imbarcazione fratturandomi cinque costole. Contestualmente sono comparsi i primi sintomi di una grave malattia neurologica che all'inizio del 2007 è stata diagnosticata come "malattia di Parkinson complicata da fluttuazioni motorie" (Io mi sarei accontentato anche di una sindrome semplice ma tant'è) che mi costringe a convivere con una "macchinetta"- chiamiamola così - che eroga levodopa direttamente nel duodeno e che costa al SErvizio Sanitario circa 40.000 euro l'anno. Per non farmi mancare niente nel 2017 sono stato operato per un basalioma sulla spalla sinistra (rivelatosi benigno, comunque ha dovuto essere asportato) e nel 2018 di un melanoma sempre alla schiena anche questo - sembra - preso in tempo. Due mesi fa è stata cambiata la "macchinetta" di cui sopra (VA CAMBIATA OGNI DUE ANNI) il che ha comportato un intervento in anestesia locale che è durato due ore. Tralascio acciacchi minori.
Ho riferito nei dettagli quanto sopra non per farmi compiangere (ho conosciuto persone che hanno dovuto sopportare ben di peggio) quanto per definire il quadro generale che mi servirà a far cogliere il senso di quanto andrò a dire.
Dal quadro emerge che nell'attuale contesto sono un soggetto a forte rischio e che se si dovesse mai arrivare a dover scegliere tra più persone a chi erogare assistenza medica e ospedaliera e a chi negarla, io sarei senz'altro il prescelto ......a soccombere e, sinceramente, non avrei obbiezioni da fare.
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Premesso quanto sopra,io come sto, cosa penso, cosa provo?
Ho paura? Sinceramente no. Ho una forte preoccupazione per la situazione generale, per il futuro dei miei cari, per il futuro del Paese che rischia di arretrare sotto il profilo economico e sociale a condizioni anteguerra, so che ogn giorno potrebbe essere l'ultimo, so bene che la maggior parte del percorso è alle spalle, ma non sento "vicina" la final courtain
Ho il massimo rispetto per chi ha come riferimento valori religiosi ma non sono credente. Non credo esista un ente superiore che ha creato tutto quello che vediamo, non credo ad una sopravvivenza individuale e con coscienza di sè dopo la morte, non credo che saremo chiamati ad un giudizio nè individuale nè universale, non credo al Paradiso nè all'inferno comeluoghi nei quali si espiano le colpe commesse in vita o vengono riconosciute e premiate le cose buone fatte in vita (sul Purgatorio ha già detto tutto Jacques Le Goff nel suo "La nascita del Purgatorio" ) Credo invece che saremo tutti quanti ricondotti a immergerci nel flusso eterno dell'Universo dove saremo anche noi parte e partecipi "dell'amor che move il sole e le altre stelle" Io il divino lo concepisco così: un flusso perenne di luce e di colore E penso che quando sarò nell'imminenza mi troverò ad essere abbastanza sereno senza eccessivi timori. Rimpianti e rimorsi sì, timori credo di no(ANIMULA VAGULA BLANDULA, HOSPES COMESQUE CORPORIS QUAE NUNC ADIBIS IN LOCA PALLIDULA, RIGIDA, NUDULA NEC, UT SOLES DABIS IOCOS) fa dire la Yourcenar all'imperatore Adriano. Io credo di essere più avanti, di avere maggiori certezze (ho un vantaggio di quASI 2.000 anni sul grande imperatore di origine spagnola) ma sempre conservando come pietra angolare il dubbio metodico.
E tempo di andare- dice Socrate ai suoi discepoli il giorno della cicuta - io a morire, Voi a vivere, quale delle due sorti sia la migliore solo il Dio lo può sapere.
Dunque per me non è ancora tempo - così sento - di uscir di scena. Non può essere lontano, il commiato, ma non lo sento imminente. Per una serie di ragioni:
- primo perchè non sono pronto. Veramente credo che nessuno si possa mai sentire pronto; io non lo sono Un esempio per tutti. Non ho ancora letto "Guerra e Pace." Ce l'ho ben in evidenza in libreria nella edizione in cinque volumi della Einaudi, ci passo davanti tutti i giorni ma è ancora lì. Mi si può obbiettare che si può anche non aver letto questo caposaldo della letteratura mondiale. Vero ma se si aggiunge che ho iniziato 26 volte i Fratelli Karamazov e non sono mai andato avanti
....................c'è da fare qualche riflessione
Secondo perchè sono di forte fibra. Sono sopravvissuto, dall'aver indossato da piccolo e da adolescente capi di abbigliamento (golf, magliette intime, mutande) fatti con la famosa lana prodotta dall'altrettanto famoso "Lanificio Giuseppe Pirani e figli snc." Da adulto ho avuto modo in vari modi, tempi e forme, di sperimentare "l'insostenibile pesantezza dell'essere" e di salita ne ho pedalata tanta
Terzo perchè le energie non sono interamente esaurite e in fondo ancora mi diverto
Quarto perchè se manco chi ve lo scrive un articolo come questo?
Ma la ragione vera è che io amo profondamente - a modo mio, con tanti difetti e limiti - lo riconosco - i miei familiari più stretti e vorrei goderne la presenza il più a lungo possibil.
Dunque per me non dovrebbe essere ancora tempo ma certe riflessioni le faccio da tempo. I giorni vche stiamo vivendo, il periicolo reale e concreto che stiamo correndo a livello planetario, avrebero dovuto, secondo me, sollecitare analoghe riflessioni in tutti, specialmente nei meno giovani ma anche nei giovani. Invece mi sembra che di questo aspetto non importi niente a nessuno e che siano prevalenti le preoccupazioni per la mancata movida del sabato, per il dover restare in casa, per lo stravolgimento delle nostre abitudini. Meno immediate mi sembrano le preoccupazioni economiche, almeno in larghe fasce di popolazione,che a mio avviso saranno invece drammatiche. Abbiamo passato secoli e secoli a preoccuparci del destino delle nostre anime, la vita è stata concepita per lunghissimo tempo come "un passaggio" verso la "vera" vita e in pochi decenni tutta questa sovrastruttura è crollata. Di questo dovrebbe occuparsi e preocccuparsi, più che del matrimonio del clero, papa Francesco. Che la battaglia mi sembra averla già persa come l'hanno persa tutti coloro che cercano di vedere un po'più in là e di interrogarsi.
Questa mi sembra lo stato delle cose ai tempi del "coronavirus"; debbo dire che il quadro mi sembra sconfortante ma spero che ci sia sempre qualcuno che tenga in mano la fiaccola per illuminare il percorso alle nuove generazioni.
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