sabato 26 marzo 2016

PASQUA

Ho scritto in più occasioni di non essere particolarmente affascinato dal messaggio cristiano e dall'approccio di fede. Ho sempre visto il Cristo come un giovane "rabbi" dalla forte personalità che si è creduto ed è stato creduto il profeta a lungo atteso per il riscatto del popolo di israele. Non regge più niente, a mio avviso, della  interpretazione del mondo, della sua genesi e del suo divenire, che le religioni monoteiste propongono. Ed anche sul piano dei "comportamenti", tra popolo e popolo, tra classe sociale e classe sociale, tra individuo ed individuo, tra membro e membro di una famiglia, l'insegnamento che ci viene attraverso i vangeli, i quattro canonici ed i numerosi altri che ci sono pervenuti, non mi sembra particolarmente ruotare intorno al principio "ama il prossimo tuo come te stesso", espressione che peraltro non mi è mai piaciuta.
Tralascio duemila anni di storia.
Ma allora la Pasqua non ha senso? Ha senso, ha senso. Abbiamo davanti a noi un giovane uomo che è stato umiliato, dilaniato nella carne  e nello spirito, le cui sofferenze, il cui sacrificio, la cui "resurrezione" ci indicano, ci devono indicare, la via  della "resurrezione" della speranza di un domani migliore, di un futuro nel quale la speranza "si invera". Una luce che guida il cammino, che ci dà forza e senso.
Io così vedo la Pasqua. Visione anomala? Probabilmente sì ma rifletteteci, soprattutto voi che mi seguite tutti i giorni, riflettiamoci insieme. Spogliato degli orpelli sovrapposti nei secoli, il messaggio ritrova la sua essenza e la sua capacità di guida.

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