Quello che sto per scrivere, ne sono certo, non troverà d'accordo molti di coloro che seguono questo blog. Lo faccio perché, come ho sempre sostenuto, nel giudicare i fatti, se vogliamo farlo noi e non vogliamo che lo facciano altri per noi, è necessario innanzitutto conoscerli bene, e poi vederne le varie sfaccettature, le varie angolature, gli impatti che l'una scelta piuttosto che un'altra possono aver determinato in merito alla evoluzione dei fatti stessi. In sintesi evitare di parlare per slogan, per frasi fatte, per stereotipi. E, soprattutto, evitare di essere condotti da una informazione subdolamente fuorviante a ritenere propri giudizi e prese di posizione ai quali altri ci hanno scientemente portato.
Mi servirò, per dare sostanza al mio assunto, di tre"casi"che in questi giorni riempiono le prime pagine dei quotidiani e dei notiziari televisivi.
FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino)
La Fiat, acronimo di "Fabbrica.................."è stata fondata a Torino nel 1899 ed è stata per tutto lo scorso secolo la più importante realtà industriale del Paese
I fatti dopo l'acquisizione di Chrysler:
- nasce un nuovo soggetto industriale con il logo FCA.(Fiat Chrysler Automobiles)
Logo orrendo anche graficamente che si è subito prestato ad ironiche interpretazioni. Gira per la rete una vignetta nella quale, con riferimento a quel gioco televisivo in cui si comperano consonanti e vocali per completare una parola, si vede Silvietto nostro che............"compra una vocale" La nuova società avrà sede legale in Olanda e sede fiscale a Londra, sarà quotata a New York e a Milano
Reazioni di stampa, televisioni, sindacati(non tutti) partiti, pubblica opinione variamente orientata.
"Fiat ingrata, dopo tutti gli aiuti pubblici ricevuti negli ultimi decenni. Nessun rispetto per il Paese, per i dipendenti......
Il mio giudizio:
- è verissimo che la Fiat ha avuto per decenni una forte capacità di ricatto nei confronti dei governi e che questa capacità ha utilizzato spesso e pesantemente, sostenuta da Enrico Cuccia il cui ruolo all'interno del nostro sistema industriale e finanziario andrà ridiscusso prima o poi. Di più: a mio avviso questa capacità è stata la "rovina"della FIAT che non ha mai veramente navigato nel mare aperto del mercato globale. La Fiat degli ultimi anni era "un morto che camminava", senza prospettive, senza futuro, destinata a sparire. Il settore auto è un settore maturo in molti continenti di questo pianeta; un settore nel quale possono sopravvivere solo un ristretto numero di "global player". Fiat non era fra di questi. Umberto Agnelli già trenta anni fa aveva deciso di uscire dal settore. Per rimanere un "player" non poteva che guardare avanti, molto avanti. ed ha guardato proprio negli USA dove un marchio prestigioso come Chrysler boccheggiava. Ha avuto coraggio, e fortuna, Marchionne - sostenuto dalla famiglia - ad acquisire la Chrysler e a rimetterla in rotta di galleggiamento. Ora FCA (ma quanto è brutto) è un Gruppo da 4,5 milioni di vetture l'anno, che è tornato in utile (tutto attribuibile alla Chrysler, le attività FIAT sono in perdita) che sta nel mercato con le sue gambe.
Si è quotata a New York, qualcuno ha obbiettato. E dove doveva quotarsi se non al mercato più importante una società che fa oltre la metà del suo fatturato negli USA? Eppoi si quoterà anche a Milano e comunque già con le attuali tecnologie posso, con questo stesso computer con cui sto scrivendo, operare sulla piazza di Newyork, in tempo assolutamente reale.. Sede in Olanda? Paese serio e finanziariamente solido. Sede fiscale a Londra? E chi li può biasimare visto che pagheranno meno e avranno un rapporto con la Pubblica Amministrazione più semplice, più trasparente, più efficiente. Vogliamo renderci conto una volta per tutte che le condizioni in cui si fa impresa in Italia comportano costi, stress, viscosità operative che in molti altri Paesi non ci sono? Cambiamo i contesti e smettiamola di lamentarci dell'ingratitudine
Conseguenze per l'Italia? Ce ne saranno, cosa ne dica o non ne dica Marchionne. La più pesante che il cervello ed il cuore del'azienda non saranno più in Italia. Noi saremo un mercato di sbocco (da rilanciare con estremo vigore visto il calo continuo delle quote di mercato di questi ultimi anni) continueranno a lavorare i pochi stabilimenti ancora in funzione. Si tende ad ignorare che già ora la gran parte della produzione Fiat avviene in Polonia. Inoltre Marchionne si è impegnato a presentare il 2 Maggio (tre mesi da oggi) il nuovo piano industriale per la produzione in Italia. Nel nostro Paesi verrà concentrata la produzione di modelli ALFA e Maserati che, insieme alla Ferrari, rappresentano l'alto di gamma. del Gruppo. Non diciamo tutti quanti che l'Italia deve puntare sulla qualità, sui prodotti a più alto valore aggiunto?
Alternative a questo quadro? Cessazione delle attività e chiusura degli stabilimenti in tempi rapidi. Ricordo che attualmente il Gruppo produce a Melfi (5.500 dipendenti), Cassino (3.940), Pomigliano (2150), Grugliasco (1.500) e Mirafiori(5.500)
ELECTROLUX
La svedese Electrolux, ricordiamolo, acquisì negli anni 70 le aziende del Gruppo Zanussi completamente decotto, le rimise in piedi ed ha assicurato per tutto questo lasso di tempo produzione ed occupazione. Il marchio REX non si è perduto ed è ben presente sui mercati Oggi sono 4 gli stabilimenti produttivi nel nostro Paese che occupano 6.500 persone.
Ora ELECTROLUX con brutalità ha messo sul piatto una richiesta di riduzione del costo del lavoro che le consenta di mantenere aperte le sue attività nel nostro Paese. La richiesta non è nei termini riportati in prima istanza dai media. Dimezzamento del salario ecc.
Si è aperto un tavolo di trattative, una delegazione dell'azienda è stata ricevuta unitamente alle rappresentanze sindacali e ai Presidenti delle Regioni interessate dal ministro allo sviluppo economico
Flavio Zanonato, il quale ha rilasciato a fine incontro una dichiarazione degna di nota "Non ci hanno convinto.........i rappresentanti dell'azienda". Anche mia nonna sarebbe stata capace di un commento più articolato. Ci saranno altri incontri, si vedrà ma già oggi è sufficiente guardare la tabella sui costi dell'attività manufatturiera nei vari Paesi dell'UE (Repubblica l'ha pubblicata ieri a pag. 21) e subito appaiono evidenti i punti di debolezza del sistema Italia:
- il costo del lavoro diretto è tra i più bassi: 34,18 dollari l'ora il nostro contro i 39,81 della Francia,i 45,79 della Germania e i 31,84 dell'area euro. Questo è vero
- ma il costo dell'energia già ci penalizza (e qui scontiamo errori e ritardi nell'approvvigionamento energetico che ci trasciniamo da decenni) 113,6 EURO per Kwh da noi, 106,4 in Germania, 66 (dico 66) in Francia, 88,3 la media dell'area euro
- e dove i nostri ritardi ed i nostri costi ci buttano letteralmente fuori mercato è nella logistica e nei costi della burocrazia:
a) costo per esportare un container: 1,195 euro da noi, 95 (un dodicesimo) in Germania,, 1.335 in Francia, 1.004 come media area euro
b) numero dei giorni per ottenere l'allacciamento alla rete elettrica:124 da noi, 17 in Germania, 79 in Francia, 102 la media in area euro.
Per terminare, il cuneo fiscale da noi è sempre il più alto (4 punti in più della media dell'area euro.)
Da quanto tempo si parla della necessità di ridurre il cuneo fiscale? della necessità di fare una politica energetica (non le pale eoliche di Messina Denaro)?
Siamo sempre allo stesso punto, anzi siamo andati indietro, e come possiamo lamentarci se tutti delocalizzano e le attività produttive sul territorio. cessano una dopo l altra?
IL VALORE DELLE QUOTE DELLA BANCA D'ITALIA
Ritorno in argomento perché è un esempio emblematico di come una problematica indubbiamente complessa possa essere presentata e rappresentata in maniera fuorviante.Va di moda, molto di moda, sparare a zero sulle banche, le nostre banche, come se fossero qualcosa di estraneo al Paese, come se non fossero il sistema vascolare attraverso il quale si alimenta il circuito economico del Paese. Le nostre banche hanno meritato e meritano pesanti critiche, critiche non acritiche e di mero pregiudizio e meritano di essere conosciute meglio nella loro attività Il fatto quotidiano di ieri ha ospitato un articolo di Marco Palombi nel complesso ben documentato in cui si sostiene la tesi, che è anche quella dei grillini, che è stato fatto un grosso regalo alle banche con il decreto che ha elevato a 7,5 miliardi il capitale sociale di Bankitalia. Vediamo.
LA PROPRIETA'= l'articolo inizia con l'affermazione che Bankitalia è di proprietà delle principali banche italiane(pubbliche fino agli anni 80), dell'INPS e delle Assicurazioni Generali)- Giudizio incorporato: la Banca d'Italia è pubblica ed era in mano a soggetti pubblici prima che le banche venissero privatizzate con la Legge Amato.Informazione incompleta: non tutte le banche erano pubbliche. Lo erano i sei Istituti di diritto pubblico e le Casse di Risparmio. Le tre BIN (Comit, Credit, Banco di Roma) erano società per azioni quotate in borsa anche se la maggioranza del capitale era in mano all'IRI. Oltre alle Generali ci sono molte altre società assicurative, private, nel capitale. Informazione corretta: la Banca d'Italia è un soggetto pubblico(così la definisce la legge istitutiva) il cui capitale di 300 milioni diviso in 300.000 quote da 0,52 euro è posseduto da soggetti di diritto privato e soggetti pubblici. C'è una legge la 262 del 2005 che prevede il ritorno della Banca Centrale in mano pubblica (citata correttamente) che è stata disattesa. L'ennesima ambiguità che il mondo della politica ha lasciato sul suo cammino. A cosa serve, si domanda Palombi, l'aver portato il capitale sociale a 7,5 miliardi? A rafforzare patrimonialmente le banche proprietarie, in particolare le due maggiori Unicredit e Banca Intesa, si risponde correttamente. E' la stessa mia risposta, ricordate. No, non è così, prosegue. E' vero che lo Stato incassa l'imposta sulle plusvalenze(che non avrebbe incassato, osservo io, se la rivalutazione non ci fosse stata) ma con l'aliquota di favore del 12% e non quella ordinaria del 20%. Quindi regalo alle banche di 600 milioni. Dimenticando un dato banale: che l'aliquota sulle rendite finanziarie rivenienti da titoli di Stato o erogate da altri soggetti pubblici è attualmente il 12%. Dove è il diverso trattamento.? Dividendi: considerato che lo statuto prevede la distribuzione di dividendi massimo il 10% del capitale e lo 0,5% delle riserve, finora la Banca d'Italia ha distribuito poco (70 milioni circa sull'esercizio 2012). Con l'aumento di capitale Bankitalia distribuirà circa 450 milioni. Altro regalo alle banche di 400 milioni. Visto da un altro angolo di visuale si potrebbe osservare che la Banca d'Italia, conservando un capitale sociale di 300 milioni che da decenni non aveva alcuna attinenza con i valori di mercato ha evitato di pagare dividendi "congrui" ai suoi soci. I quali avrebbero tutte le ragioni di sentirsi defraudati, loro.
Infine il tetto alla partecipazione il decreto fissa che nessun soggetto possa detenere più del 3% del capitale. Quindi Unicredit e Intesa ma anche Generali e gli altri soggetti con una quota superiore al 3% vendendo l'eccedenza incassano nel complesso 4,2 miliardi. Altro regalo alle banche. Dimenticando che per incassare queste cifre Intesa scende dal 30,34 al 3%, Unicredit dal 22,11% al 3% e che le due banche scendono al 3% anche per quanto attiene alla partecipazione alle riserve. Non mi pare che abbiano fatto un affare.
MI SONO DILUNGATO SU PROBLEMATICHE TECNICHE, CHE IMMAGINO INTERESSINO POCO (MA ORAMAI C'ERO DENTRO) SOLAMENTE PER CERCARE DI FAR CAPIRE CHE E FACILE ESTREMAMENTE FACILE DARE INFORMAZIONI ORIENTATE E CHE, AL CONTEMPO, E DIFFICILE MOLTO DIFFICILE COGLIERE DELLE PROBLEMATICHE TUTTI GLI ASPETTI.
Si è quotata a New York, qualcuno ha obbiettato. E dove doveva quotarsi se non al mercato più importante una società che fa oltre la metà del suo fatturato negli USA? Eppoi si quoterà anche a Milano e comunque già con le attuali tecnologie posso, con questo stesso computer con cui sto scrivendo, operare sulla piazza di Newyork, in tempo assolutamente reale.. Sede in Olanda? Paese serio e finanziariamente solido. Sede fiscale a Londra? E chi li può biasimare visto che pagheranno meno e avranno un rapporto con la Pubblica Amministrazione più semplice, più trasparente, più efficiente. Vogliamo renderci conto una volta per tutte che le condizioni in cui si fa impresa in Italia comportano costi, stress, viscosità operative che in molti altri Paesi non ci sono? Cambiamo i contesti e smettiamola di lamentarci dell'ingratitudine
Conseguenze per l'Italia? Ce ne saranno, cosa ne dica o non ne dica Marchionne. La più pesante che il cervello ed il cuore del'azienda non saranno più in Italia. Noi saremo un mercato di sbocco (da rilanciare con estremo vigore visto il calo continuo delle quote di mercato di questi ultimi anni) continueranno a lavorare i pochi stabilimenti ancora in funzione. Si tende ad ignorare che già ora la gran parte della produzione Fiat avviene in Polonia. Inoltre Marchionne si è impegnato a presentare il 2 Maggio (tre mesi da oggi) il nuovo piano industriale per la produzione in Italia. Nel nostro Paesi verrà concentrata la produzione di modelli ALFA e Maserati che, insieme alla Ferrari, rappresentano l'alto di gamma. del Gruppo. Non diciamo tutti quanti che l'Italia deve puntare sulla qualità, sui prodotti a più alto valore aggiunto?
Alternative a questo quadro? Cessazione delle attività e chiusura degli stabilimenti in tempi rapidi. Ricordo che attualmente il Gruppo produce a Melfi (5.500 dipendenti), Cassino (3.940), Pomigliano (2150), Grugliasco (1.500) e Mirafiori(5.500)
ELECTROLUX
La svedese Electrolux, ricordiamolo, acquisì negli anni 70 le aziende del Gruppo Zanussi completamente decotto, le rimise in piedi ed ha assicurato per tutto questo lasso di tempo produzione ed occupazione. Il marchio REX non si è perduto ed è ben presente sui mercati Oggi sono 4 gli stabilimenti produttivi nel nostro Paese che occupano 6.500 persone.
Ora ELECTROLUX con brutalità ha messo sul piatto una richiesta di riduzione del costo del lavoro che le consenta di mantenere aperte le sue attività nel nostro Paese. La richiesta non è nei termini riportati in prima istanza dai media. Dimezzamento del salario ecc.
Si è aperto un tavolo di trattative, una delegazione dell'azienda è stata ricevuta unitamente alle rappresentanze sindacali e ai Presidenti delle Regioni interessate dal ministro allo sviluppo economico
Flavio Zanonato, il quale ha rilasciato a fine incontro una dichiarazione degna di nota "Non ci hanno convinto.........i rappresentanti dell'azienda". Anche mia nonna sarebbe stata capace di un commento più articolato. Ci saranno altri incontri, si vedrà ma già oggi è sufficiente guardare la tabella sui costi dell'attività manufatturiera nei vari Paesi dell'UE (Repubblica l'ha pubblicata ieri a pag. 21) e subito appaiono evidenti i punti di debolezza del sistema Italia:
- il costo del lavoro diretto è tra i più bassi: 34,18 dollari l'ora il nostro contro i 39,81 della Francia,i 45,79 della Germania e i 31,84 dell'area euro. Questo è vero
- ma il costo dell'energia già ci penalizza (e qui scontiamo errori e ritardi nell'approvvigionamento energetico che ci trasciniamo da decenni) 113,6 EURO per Kwh da noi, 106,4 in Germania, 66 (dico 66) in Francia, 88,3 la media dell'area euro
- e dove i nostri ritardi ed i nostri costi ci buttano letteralmente fuori mercato è nella logistica e nei costi della burocrazia:
a) costo per esportare un container: 1,195 euro da noi, 95 (un dodicesimo) in Germania,, 1.335 in Francia, 1.004 come media area euro
b) numero dei giorni per ottenere l'allacciamento alla rete elettrica:124 da noi, 17 in Germania, 79 in Francia, 102 la media in area euro.
Per terminare, il cuneo fiscale da noi è sempre il più alto (4 punti in più della media dell'area euro.)
Da quanto tempo si parla della necessità di ridurre il cuneo fiscale? della necessità di fare una politica energetica (non le pale eoliche di Messina Denaro)?
Siamo sempre allo stesso punto, anzi siamo andati indietro, e come possiamo lamentarci se tutti delocalizzano e le attività produttive sul territorio. cessano una dopo l altra?
IL VALORE DELLE QUOTE DELLA BANCA D'ITALIA
Ritorno in argomento perché è un esempio emblematico di come una problematica indubbiamente complessa possa essere presentata e rappresentata in maniera fuorviante.Va di moda, molto di moda, sparare a zero sulle banche, le nostre banche, come se fossero qualcosa di estraneo al Paese, come se non fossero il sistema vascolare attraverso il quale si alimenta il circuito economico del Paese. Le nostre banche hanno meritato e meritano pesanti critiche, critiche non acritiche e di mero pregiudizio e meritano di essere conosciute meglio nella loro attività Il fatto quotidiano di ieri ha ospitato un articolo di Marco Palombi nel complesso ben documentato in cui si sostiene la tesi, che è anche quella dei grillini, che è stato fatto un grosso regalo alle banche con il decreto che ha elevato a 7,5 miliardi il capitale sociale di Bankitalia. Vediamo.
LA PROPRIETA'= l'articolo inizia con l'affermazione che Bankitalia è di proprietà delle principali banche italiane(pubbliche fino agli anni 80), dell'INPS e delle Assicurazioni Generali)- Giudizio incorporato: la Banca d'Italia è pubblica ed era in mano a soggetti pubblici prima che le banche venissero privatizzate con la Legge Amato.Informazione incompleta: non tutte le banche erano pubbliche. Lo erano i sei Istituti di diritto pubblico e le Casse di Risparmio. Le tre BIN (Comit, Credit, Banco di Roma) erano società per azioni quotate in borsa anche se la maggioranza del capitale era in mano all'IRI. Oltre alle Generali ci sono molte altre società assicurative, private, nel capitale. Informazione corretta: la Banca d'Italia è un soggetto pubblico(così la definisce la legge istitutiva) il cui capitale di 300 milioni diviso in 300.000 quote da 0,52 euro è posseduto da soggetti di diritto privato e soggetti pubblici. C'è una legge la 262 del 2005 che prevede il ritorno della Banca Centrale in mano pubblica (citata correttamente) che è stata disattesa. L'ennesima ambiguità che il mondo della politica ha lasciato sul suo cammino. A cosa serve, si domanda Palombi, l'aver portato il capitale sociale a 7,5 miliardi? A rafforzare patrimonialmente le banche proprietarie, in particolare le due maggiori Unicredit e Banca Intesa, si risponde correttamente. E' la stessa mia risposta, ricordate. No, non è così, prosegue. E' vero che lo Stato incassa l'imposta sulle plusvalenze(che non avrebbe incassato, osservo io, se la rivalutazione non ci fosse stata) ma con l'aliquota di favore del 12% e non quella ordinaria del 20%. Quindi regalo alle banche di 600 milioni. Dimenticando un dato banale: che l'aliquota sulle rendite finanziarie rivenienti da titoli di Stato o erogate da altri soggetti pubblici è attualmente il 12%. Dove è il diverso trattamento.? Dividendi: considerato che lo statuto prevede la distribuzione di dividendi massimo il 10% del capitale e lo 0,5% delle riserve, finora la Banca d'Italia ha distribuito poco (70 milioni circa sull'esercizio 2012). Con l'aumento di capitale Bankitalia distribuirà circa 450 milioni. Altro regalo alle banche di 400 milioni. Visto da un altro angolo di visuale si potrebbe osservare che la Banca d'Italia, conservando un capitale sociale di 300 milioni che da decenni non aveva alcuna attinenza con i valori di mercato ha evitato di pagare dividendi "congrui" ai suoi soci. I quali avrebbero tutte le ragioni di sentirsi defraudati, loro.
Infine il tetto alla partecipazione il decreto fissa che nessun soggetto possa detenere più del 3% del capitale. Quindi Unicredit e Intesa ma anche Generali e gli altri soggetti con una quota superiore al 3% vendendo l'eccedenza incassano nel complesso 4,2 miliardi. Altro regalo alle banche. Dimenticando che per incassare queste cifre Intesa scende dal 30,34 al 3%, Unicredit dal 22,11% al 3% e che le due banche scendono al 3% anche per quanto attiene alla partecipazione alle riserve. Non mi pare che abbiano fatto un affare.
MI SONO DILUNGATO SU PROBLEMATICHE TECNICHE, CHE IMMAGINO INTERESSINO POCO (MA ORAMAI C'ERO DENTRO) SOLAMENTE PER CERCARE DI FAR CAPIRE CHE E FACILE ESTREMAMENTE FACILE DARE INFORMAZIONI ORIENTATE E CHE, AL CONTEMPO, E DIFFICILE MOLTO DIFFICILE COGLIERE DELLE PROBLEMATICHE TUTTI GLI ASPETTI.