Matteo Salvini, scrivevo ieri, ha rotto gli indugi, ha tratto il dado e si è candidato alla guida del Paese. Tutto legittimo anche se, mi sembra, da tutte le sue azioni, dalle sue dichiarazioni, dai suoi comportamenti, emerge la figura di un uomo politico che di tutto si occupa e si preoccupa tranne che del bene degli italiani Ha intensificato i suoi comizi ed è entrato a piedi uniti in campagna elettorale.
Nel corso di uno dei suoi primi impegni comiziali ha detto testualmente ai suoi ascoltatori:
"Chiedo agli italiani se hanno la voglia di darmi pieni poteri per poter fare quello che abbiamo promesso senza palle al piede"
Gran brutto esordio, caro Salvini, che non mi meraviglia affatto e che rafforza in me l'opinione che ho di Lei, ma gran brutto esordio.
Tutte le moderne democrazie occidentali , caro Salvini, glielo ricordo, poggiano su un principio cardine, quello della divisione dei poteri, teorizzato dall'illuminismo francese ed in particolare da Montesquieu che in un libro pubblicato nel 1748, l'Esprit des Lois, ne fissò i caratteri. Nessun potere assoluto, nessun potere pieno ma un sistema di pesi e contrappesi che non consenta la "prise de pouvoir" da parte di alcuno
La sua corte è subito intervenuta in suo sostegno argomentando che Lei voleva dire che chiedeva un consenso ampio, il più ampio possibile per poter governare senza ritardi e senza indugi. E no, caro Salvini. Le parole sono pietre ed hanno un significato ben preciso. Se le è "scappata" la frase pronunciata vuol dire che Lei Montesquieu non lo ha letto, se l'ha letto non lo ha digerito e se lo ha letto e digerito non ne condivide i principi. E questo non mi piace; non mi passa minimamente per la testa di darle pieni poteri. Ritorni sul pianeta terra, caro vicepremier, dove ci sono tanti problemi da affrontare e da risolvere, la smetta di mettere in mezzo santi e madonne, e governi nel pieno rispetto della Costituzione, se ha il necessario consenso e se ne è capace.
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