L'articolo di ieri è stato letto, e, mi sembra, apprezzato, da un discreto numero di persone. E allora resto sull'argomento per qualche ulteriore riflessione.
Mettiamo a confronto l'anno in corso con.................il 68. (Questi 50 anni sono volati e mi viene da pensare a quel bel pezzo di VASCO " eh gIà, e sono ancora qua................"
Considero il '68 come l'anno culmine di un ciclo iniziato il 25 Aprile '45 nel corso del quale il Paese ha avuto il più lungo e più imponente processo di sviluppo della sua storia, trasformandosi da Paese prevalentemente agricolo in Paese industriale, dotandosi di un sistema di infrastrutture al passo con i tempi e mettendo in piedi lo "stato sociale"(scuola, sanità, pensioni) che stiamo smantellando con colpevole leggerezza senza renderci conto di ciò che questo comporta
E allora, mi si potrebbe obbiettare, è da imputare al 68 il processo involutivo che ha caratterizzato i decenni successivi. Assolutamente no, rispondo. Il 68 è stata una occasione irripetibile, per l'Italia e per l'Europa, per fare un ulteriore salto di qualità, distribuendo la ricchezza su un sempre maggior numero di cittadini, riducendo gli squilibri sociali, creando i presupposti per un benessere diffuso in una società con meno tensioni, più equilibrata e, in definitiva, più giusta, e, aggiungo, più felice. Una società che potremmo chiamare a buon diritto: socialdemocratica
E invece:
- gli Stati Uniti videro ciò che succedeva in Europa come un tentativo da parte dell'Unione Sovietica di non rispettare gli equilibri di Yalta e...........................reagirono con la strategia della tensione
- si decise di smantellare 'IRI", a mio avviso il più grosso errore strategico del dopoguerra, e l'ENI continuò a perdere peso sulla scena internazionale dopo che Enrico Mattei, che dava parecchio fastidio alle compagnie petrolifere statunitensi era stato eliminato nel 1963 con il sabotaggio dell'aereo che lo riportava a Milano dalla Sicilia e che era precipitato nelle campagne di Bescapè in provincia di Pavia
- la classe imprenditrice, che già aveva masticato amaro con la nazionalizzazione dell'energia elettrica e i primi governi di centro sinistra, credette ormai imminente l'assalto al Palazzo d'Inverno e si richiuse
- il PCI, che di fantasia ne aveva avuta sempre poca, si lasciò travolgere dalla "fantasia al potere" e cominciò a capire sempre meno di ciò che stava evolvendo
- i SINDACATI, euforici per l'importanza che il loro ruolo aveva assunto, cominciarono ad elaborare bizzarre teorie come quella del "salario variabile indipendente"
- la CHIESA............si riempì di massoni. Lo sapevate che Marcinkus entrò in massoneria nel 1967 e che risulta compreso nella lista di 121 ecclesiastici massoni pubblicata da OP, l'Agenzia di Mino Pecorelli, poi ucciso in circostanze poco chiare? Il filo c'è sempre se si sa come cercarlo-.
Ma torniamo al confronto tra i due anni:
- nel '68 l'Italia era ormai "motorizzata". La FIAT aveva il 70% del mercato auto che venivano prodotte a Mirafiori, a Cassino, a Termini Imerese
- i pneumatici li fabbricava la Pirelli alla Bicocca, viale Sarca Milano
- le batterie le produceva la MAGNETI MARELLI a Milano
- il cemento per costruire la rete autostradale, i ponti, i viadotti, lo forniva l'Italcementi del Gruppo Pesenti di Bergamo
- il mercato delle moto era dominato dalla Piaggio di Pontedera con la sua Vespa. Ma anche la Lambretta fabbricata a Milano si difendeva bene. Entrambe esportavano parecchio.
- Fiat Veicoli industriali era nettamente leader nel settore
- Breda Ferroviaria e Fiat costruivano motrici di treni e vagoni competitivi sui mercati.
- non c'erano i computer e i telefonini. Olivetti ad Ivrea era leader nel settore delle macchine da scrivere conosciute in tutto il mondo. I telefoni li fabbricava la Italtel e Torino e a Caserta
- avevamo scoperto le gioie della lavatrice e della lavastoviglie. Leader il marchio Ignis di Varese, affiancato dalla Indesit del Gruppo Merloni, dalla Candy di Muggiò. Il caffè lo facevamo con la Moka della Bialetti fabbricata sul lago d'Orta
- la nostra industria siderurgica era la più importante d'Europa in competizione con quella tedesca e quella francese. Siderurgia pubblica (Italsider a Genova, a Terni, a Taranto) e privata (Falck a Sesto S,Giovanni che non a caso veniva chiamata la Stalingrado d'Italia) Lucchini a Brescia, Riva)
-dai cantieri navali di Genova, Trieste, Ancona,uscivano navi merci e passeggeri a ritmo costante
- presidiavamo bene anche il settore chimico con la privata MONTEDISON (stabilimenti in tutta Italia), la SIR in Calabria, e pubblica(ENI in Sicilia, Puglia, Sardegna)
- nel settore farmaceutico siamo stati sempre tributari dell'estero ma FARMITALIA aveva una posizione di rilievo anche a livello internazionale; suo ad esempio il brevetto della RIFAMPICINA
- nel settore tessile, la città dove abito, Busto Arsizio, era chiamata la Manchester d'Italia per i suoi cotoni ed i suoi tessuti, il biellese era un distretto concentrato su prodotti di qualità, Prato su prodotti di più bassa qualità ma entrambi vendevano e tanto
- Carrara e la provincia di Massa erano leader a livello internazionale nel settore della lavorazione dei marmi
- producevamo e mangiavamo tanto zucchero. Leader la Eridania del Gruppo Ferruzzi ma c'era tutta una rete di zuccherifici di proprietà italiana (Maraldi, Montesi
- Parmalat si era affermata come primo operatore del settore latte e derivati, Calisto Tanzi guidava l'azienda da Collecchio a pochi chilometri da Parma
- il settore "cioccolato" era saldamente in mano alla Ferrero di Alba (Cuneo) la cui NUTELLA era venduta in tutto il mondo
potrei continuare per ore. Fate mente locale su quello che è rimasto
Si qualche nuovo operatore c'è(le scarpe TODS, i freni della Brembo, gli occhali della Luxottica, molte medie aziende della meccanica fine, le griffe della moda (molte di proprietà straniera) ma il quadro è questo e bisogna rifletterci su prima di "sparare" ricette economiche " a spanne"Io non sono pessimista per partito preso ma sono una persona adulta e non mi lascio imbonire
... E
E allora, mi si potrebbe obbiettare, è da imputare al 68 il processo involutivo che ha caratterizzato i decenni successivi. Assolutamente no, rispondo. Il 68 è stata una occasione irripetibile, per l'Italia e per l'Europa, per fare un ulteriore salto di qualità, distribuendo la ricchezza su un sempre maggior numero di cittadini, riducendo gli squilibri sociali, creando i presupposti per un benessere diffuso in una società con meno tensioni, più equilibrata e, in definitiva, più giusta, e, aggiungo, più felice. Una società che potremmo chiamare a buon diritto: socialdemocratica
E invece:
- gli Stati Uniti videro ciò che succedeva in Europa come un tentativo da parte dell'Unione Sovietica di non rispettare gli equilibri di Yalta e...........................reagirono con la strategia della tensione
- si decise di smantellare 'IRI", a mio avviso il più grosso errore strategico del dopoguerra, e l'ENI continuò a perdere peso sulla scena internazionale dopo che Enrico Mattei, che dava parecchio fastidio alle compagnie petrolifere statunitensi era stato eliminato nel 1963 con il sabotaggio dell'aereo che lo riportava a Milano dalla Sicilia e che era precipitato nelle campagne di Bescapè in provincia di Pavia
- la classe imprenditrice, che già aveva masticato amaro con la nazionalizzazione dell'energia elettrica e i primi governi di centro sinistra, credette ormai imminente l'assalto al Palazzo d'Inverno e si richiuse
- il PCI, che di fantasia ne aveva avuta sempre poca, si lasciò travolgere dalla "fantasia al potere" e cominciò a capire sempre meno di ciò che stava evolvendo
- i SINDACATI, euforici per l'importanza che il loro ruolo aveva assunto, cominciarono ad elaborare bizzarre teorie come quella del "salario variabile indipendente"
- la CHIESA............si riempì di massoni. Lo sapevate che Marcinkus entrò in massoneria nel 1967 e che risulta compreso nella lista di 121 ecclesiastici massoni pubblicata da OP, l'Agenzia di Mino Pecorelli, poi ucciso in circostanze poco chiare? Il filo c'è sempre se si sa come cercarlo-.
Ma torniamo al confronto tra i due anni:
- nel '68 l'Italia era ormai "motorizzata". La FIAT aveva il 70% del mercato auto che venivano prodotte a Mirafiori, a Cassino, a Termini Imerese
- i pneumatici li fabbricava la Pirelli alla Bicocca, viale Sarca Milano
- le batterie le produceva la MAGNETI MARELLI a Milano
- il cemento per costruire la rete autostradale, i ponti, i viadotti, lo forniva l'Italcementi del Gruppo Pesenti di Bergamo
- il mercato delle moto era dominato dalla Piaggio di Pontedera con la sua Vespa. Ma anche la Lambretta fabbricata a Milano si difendeva bene. Entrambe esportavano parecchio.
- Fiat Veicoli industriali era nettamente leader nel settore
- Breda Ferroviaria e Fiat costruivano motrici di treni e vagoni competitivi sui mercati.
- non c'erano i computer e i telefonini. Olivetti ad Ivrea era leader nel settore delle macchine da scrivere conosciute in tutto il mondo. I telefoni li fabbricava la Italtel e Torino e a Caserta
- avevamo scoperto le gioie della lavatrice e della lavastoviglie. Leader il marchio Ignis di Varese, affiancato dalla Indesit del Gruppo Merloni, dalla Candy di Muggiò. Il caffè lo facevamo con la Moka della Bialetti fabbricata sul lago d'Orta
- la nostra industria siderurgica era la più importante d'Europa in competizione con quella tedesca e quella francese. Siderurgia pubblica (Italsider a Genova, a Terni, a Taranto) e privata (Falck a Sesto S,Giovanni che non a caso veniva chiamata la Stalingrado d'Italia) Lucchini a Brescia, Riva)
-dai cantieri navali di Genova, Trieste, Ancona,uscivano navi merci e passeggeri a ritmo costante
- presidiavamo bene anche il settore chimico con la privata MONTEDISON (stabilimenti in tutta Italia), la SIR in Calabria, e pubblica(ENI in Sicilia, Puglia, Sardegna)
- nel settore farmaceutico siamo stati sempre tributari dell'estero ma FARMITALIA aveva una posizione di rilievo anche a livello internazionale; suo ad esempio il brevetto della RIFAMPICINA
- nel settore tessile, la città dove abito, Busto Arsizio, era chiamata la Manchester d'Italia per i suoi cotoni ed i suoi tessuti, il biellese era un distretto concentrato su prodotti di qualità, Prato su prodotti di più bassa qualità ma entrambi vendevano e tanto
- Carrara e la provincia di Massa erano leader a livello internazionale nel settore della lavorazione dei marmi
- producevamo e mangiavamo tanto zucchero. Leader la Eridania del Gruppo Ferruzzi ma c'era tutta una rete di zuccherifici di proprietà italiana (Maraldi, Montesi
- Parmalat si era affermata come primo operatore del settore latte e derivati, Calisto Tanzi guidava l'azienda da Collecchio a pochi chilometri da Parma
- il settore "cioccolato" era saldamente in mano alla Ferrero di Alba (Cuneo) la cui NUTELLA era venduta in tutto il mondo
potrei continuare per ore. Fate mente locale su quello che è rimasto
Si qualche nuovo operatore c'è(le scarpe TODS, i freni della Brembo, gli occhali della Luxottica, molte medie aziende della meccanica fine, le griffe della moda (molte di proprietà straniera) ma il quadro è questo e bisogna rifletterci su prima di "sparare" ricette economiche " a spanne"Io non sono pessimista per partito preso ma sono una persona adulta e non mi lascio imbonire
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