Un altro Natale si sta avvicinando a marcare le tappe e i tempi della nostra storia individuale e di quella collettiva. Sono nato abbastanza tempo fa per avere chiara percezione dei mutamenti che negli ultimi decenni hanno caratterizzato i rapporti con questa che, insieme alla Pasqua, è la ricorrenza sulla quale poggia la civiltà occidentale.
A metà del secolo scorso, epoca alla quale risalgono i miei primi ricordi, il Natale aveva una forte connotazione religiosa; il cattolicesimo era fortemente radicato nella nostra società, specialmente nelle piccole comunità, e i tempi della liturgia scandivano il divenire della vita di tutti. Il Natale era preceduto da quattro settimane di "avvento"nel corso delle quali, man mano che ci si avvicinava alla data, cresceva l'attesa e si creava un clima di partecipazione convinta. Il Natale di quegli anni, come lo ricordo io, aveva come punti focali la messa di mezzanotte del 24, le succulente specialità culinarie del 25 e del 26 e la sensazione di calore familiare che riempiva quei giorni.
Il clima era più freddo, l'inquinamento minore, praticamente inesistente, e la camminata verso la Chiesa pochi minuti prima della mezzanotte era spesso accompagnata da una silenziosa e soffice nevicata che favoriva il raccoglimento.
Il giorno di Natale e quello di Santo Stefano avevano il cibo come elemento caratterizzante. Da noi, almeno nella mia famiglia, non si festeggiava a tavola "la vigilia"; ma erano d'obbligo i "vincisgrassi" a pranzo il giorno di Natale, seguiti da carne in umido, e cappelletti in brodo seguiti dalla carne con la quale si era fatto il brodo(biancostato, cappone, gallina) e verdure cotte il giorno di Santo Stefano. Come dolce rigorosamente il panettone.
Poi i tempi sono cambiati, nel corso dei decenni successivi la componente religiosa ha perso gradualmente peso e il Natale e i giorni che lo precedono si sono trasformati in una gigantesca corsa all'acquisto per se stessi, alla scelta di regali più o meno utili per chiunque con il quale si avesse un minimo di confidenza, alla fuga verso mete più o meno esotiche, più o meno costose. Il Natale non si sente più, si cominciò a dire, e i comportamenti a livello collettivo si modificarono radicalmente.
E siamo ai giorni nostri; in una società come la nostra ripiegata su se stessa e piena di incertezze siamo talmente "liquidi" e senza punti di riferimento che il Natale non sappiamo più cosa sia, come viverlo, cosa da lui sperare, cosa in suo nome augurare.
Ognuno cerca la sua soluzione che in genere non soddisfa.
Da parte mia credo che la cosa migliore sia ricordare le parole di Cicerone nel "De Amicitia".
"Cura ut valeas, et nos ames et tibi persuadeas te a me fraterne amari"
Iniziare la giornata con una telefonata o chiudere una mail con le parole di Cicerone penso sia il modo migliore per rafforzare sentimenti e legami di compartecipazione, condivisione, confronto con coloro che consideriamo amici. Cominciamo con gli amici, tutto l'anno, non solo il 25 Dicembre.
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