Il "Fatto Quotidiano" di ieri ha pubblicato a pagina 10 un articolo di Gianni Barbacetto e, soprattutto, ha pubblicato alcuni passaggi delle lettere che Moro scrisse dalla prigionia. Il giudizio di Moro oltreché immensamente più autorevole del mio è ben più impietoso del mio Riporto i passaggi che reputo più significativi.
Stavolta il colore rosso non è relativo al fatto che con il rosso in genere esprimo le mie opinioni, ma è il sangue di Aldo Moro. Sto ascoltando, mentre scrivo, il Requiem di Verdi diretto da Toscanini il quale, è bene ricordarlo, lasciò l'Italia per gli Stati Uniti dopo che un fascistello da quattro soldi al Comunale di Bologna lo ebbe schiaffeggiato.
Scrive Aldo Moro
"Lei ha potuto disinvoltamente navigare tra Zaccagnini e Fanfani, imitando un De Gasperi inimitabile che è a milioni di anni luce da Lei. Ma Le manca proprio il fervore umano. Le manca quell'insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve,i pochi democratici cristiani che che sono al mondo. Lei non è di questi. Durerà un po' più un po' meno, ma passerà senza lasciare traccia"
"Andreotti è restato indifferente, livido, assente, chiuso nel suo cupo sogno di gloria"
"Che significava tutto questo per Andreotti, una volta conquistato il potere per fare il male come sempre ha fatto il male nella sua vita?"
Termino qui. IL requiem è arrivato al "Lux Aeterna". Penso ad Aldo Moro. Non riesco a pensare a Giulio Andreotti. C'è uomo e uomo, cattolico e cattolico, politico e politico.
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