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lunedì 23 ottobre 2017

I RISULTATI DEI REFERENDUM


I risultati dei referendum vanno così interpretati, a mio avviso.
Nel Nord Italia c'è un sentimento diffuso di ostilità nei confronti delle regioni meridionali del Paese che vengono percepite come zone di scarsa industrializzazione e scarsa capacità complessiva di produrre ricchezza e, nel contempo, come le meno attente ad un utilizzo corretto delle risorse siano risorse naturali che risorse che vengono dall'attività delle popolazioni. La percezione è più forte in Veneto che in Lombardia in quanto in Veneto c'è stato minor mescolamento sociale, il Veneto è più monolitico anche nelle parlate, nei costumi, nelle tradizioni. La Lombardia è stata storicamente maggiormente toccata da fenomeni immigratori sia di masse popolari a livello di sottoproletariato (Rocco e i suoi fratelli?),che di ceti operai e di ceti di piccola e media borghesia, che hanno trovato soprattutto in Milano e nel suo Hinterland occasioni di lavoro e di crescita sociale. Questa la ragione principale delle diverse percentuali di votanti, A MIO AVVISO
Ma il "sentiment" - che coinvolge anche il rapporto con Roma Capitale - è diffuso ed ha ragioni documentate a suo sostegno.
La permanenza di regioni a statuto speciale a 70 anni dalla entrata in vigore della costituzione non ha alcun senso: cosa hanno di speciale la Sardegna, il Friuli, la Valle d'Aosta, la Sicilia, la provincia autonoma di Trento? L'unica realtà in cui ha senso una forte autonomia è la provincia di Bolzano.
Il mix di una autonomia data ad alcuni e non ad altri e la sensazione che le regioni del centro Nord hanno di dover trasferire ricchezza da loro prodotta a soggetti che oltre a non produrla la sprecano, ha costituito il nocciolo di un atteggiamento consolidatosi nel tempo e che si è accentuato durante la lunga fase di regresso della attività produttiva iniziata dieci anni fa e della conseguente riduzione del tenore di vita.
Ancora una volta la scarsa lungimiranza della classe politica, a parole sostenitrice dell'unità nazionale ma nei fatti inerte di fronte ai fattori disgregatori, ha creato le condizioni per un aumento esponenziale  delle spinte centrifughe in un contesto in cui le contrapposizioni si faranno sempre più acute e le lacerazioni del tessuto sociale sempre più evidenti. Anche perchè la cosiddetta crisi è tuttaltro che finita e recuperare il terreno perso in questi ultimi venti, trenta anni sul piano della competività globale non è possibile. Come se ne esce. Allargando le autonomie, ponendo le regioni sullo stesso piano, alleggerendo lo Stato centrale, rinunciando al "politicamente corretto" di certi stereotipi, riconoscendo alle zone del Paese più  virtuose il diritto di poter utilizzare direttamente esse stesse sul loro territorio quote preponderanti  di quanto da loro prodotto. E facendo accettare come principio generale che chi realizza migliori risultati ha diritto a goderne i benefici; una sana competizione potrebbe essere di giovamento a tutti: a chi alla competizione è abituato e a chi deve entrare nell'ordine delle idee che non si può sempre aspettare che le cose cadano dal cielo.
Quanto a me, non ho votato perchè sono nella fase in cui ritengo che le nuove generazioni debbano prendere in mano il loro destino che non voglio influenzare con il mio modo di pensare che è datato e appartenente ad una generazione che si avvia velocemente al capolinea. Se avessi votato avrei votato SI

1 commento:

  1. Ciao Alberto.

    Non sono andato a votare.
    Ben vengano referendum plausibili e facili (repubblica, divorzio, ecc.) ma lasciamo la costituzione ai costituzionalisti (legge elettorale, federalismo, ecc.), la scienza agli scienziati (vaccini, biogenetica ecc.), l'economia agli economisti (Pirani,ecc.) e a politici illuminati e moralmente ineccepibili (non faccio nomi) il compito di valutare pareri tecnici e legiferare.
    Può sembrare una democrazia mutilata ma è meglio una democrazia zoppa (oligarchica) piuttosto che l'immobilismo o la dittatura.

    Considerato che industria non è agricoltura, così come mare non è montagna, si rende indispensabile il federalismo; purché SOLIDALE, agile e controllabile.

    La pretesa di dividere ciò che è già unito è assurda e anacronistica. La pace interna USA dura da 150 anni (stendiamo un velo pietoso sulla politica estera) e quella europea da 70 anni. L'unione, prima o poi, genera pace e non si torna indietro.
    La "IRA DI ACHILLE" sta lentamente passando di moda.

    Ciao.
    Gastone

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