" Or tu di' chi se' che vuo' sedere a scranna/per giudicar di lungi mille miglia/con la veduta corta d'una spanna?"
La crisi globale che ormai da un anno e mezzo infuria sul mondo ha il suo epicentro - dice Padoa Schioppa - nella veduta corta di chi ha smesso da tempo di meditare sul passato, di agire nel presente per affrontare il futuro possibile. C'é stata , afferma l'autore, una mutazione antropologica che ha appiattito il tempo , gli ha tolto spessore, ha fatto prevalere il principio del "tutto ora e subito"ed ha pervaso i comportamenti degli individui e della società, tutti i pensieri, i desideri, alla ricerca di una felicità immediata, della creazione di valore economico senza fatica, con una informazione concentrata sulle notizie del giorno al di fuori dei contesti che ha amplificato questo tipo di visione. In sintesi una veduta corta che nasce da un sentimento del tempo che ha cancellato passato e futuro ed ha quindi rinunciato a far prevalere la razionalità. L'appiattimento sul presente ha devastato la politica, i circuiti mediatici, l'economia, la moralità ed ha fatto prevalere il soddisfacimento immediato dei desideri e quindi il consumo a credito. Per trenta anni l'economia degliUSA, ed in minor misura quelle degli altri paesi industrializzati, è cresciuta a ritmi elevati , trascinata dai consumi , ma è stata costruita a credito, senza solide basi, una piramide creditizia che non poggiava sulla base ma sulla punta. Il fallimento di Lehman ha fatto crollare come un castello di carte tutta l'impalcatura. Se si fosse conservato il senso della profondità del tempo, i segnali di crisi che numerosi si erano manifestati sarebbero stati avvertiti per tempo e,forse, provvedimenti tempestivi avrebbero evitato lo tsunami che tutto ha travolto. Questo significa che siamo alla fine del capitalismo, come qualcuno pensa? Padoa Schioppa ritiene di no. Condivido. Per il capitalismo vale quello che Churchill disse della democrazia: é un sistema orribile ma è il meno peggio che l'umanità abbia sin qui inventato. Ma è vero, invece, che dobbiamo lasciarci definitivamente alle spalle la stagione del liberismo assoluto di mercato, la stagione inziata con Reagan e la Thatcher e culminata con gli otto anni di amministrazione Bush. E recuperare il senso di un'economia basata sulle regole, del mercato sociale, tornando a distribuire ricchezza in modo più equo sia tra le varie aree del mondo che all'interno di ciascun paese. E recuperare, infine, una veduta lunga che consenta di operare nel presente con lo sguardo fisso sull'avvenire delle future generazioni. E' l'unico modo per uscirne e ritornare "a riveder le stelle" . E' l'unico modo per evitare in futuro i guasti del più recente passato e per costruire un ordine mondiale più giusto, più equo e quindi con maggiori capacità di dissinnescare tempestivamente tensioni, conflitti tra aree, tra Stati e, all'interno dei singoli Paesi, tra le classi sociali.
UTOPIA? Forse sì. Se qualcuno ha ricette migliori prontissimo a valutarle e, se del caso, farmele proprie.
Un mio vezzo è quello di far risalire all'illuminismo e al predomino della ragione i punti di riferimento della mia esistenza. Perciò non mi trovo a mio agio in una società massificata nella quale predomini il pensiero unico e nella quale gli individui sentano il bisogno di leaders più o meno carismatici nei quali annullarsi. In parole più chiare credo che le ricette giuste siano quelle di Ciampi, di Padoa Schioppa, di Prodi, non certo quelle di Tremonti, di Sacconi (per non parlare di Brunetta), di Berlusconi, che io chiamo affettuosamente "il beneamato", come Carlo VI, che fu re di Francia durante la guerra dei cento anni. Chi volesse saperne di più su tale illustre personaggio, trova su Internet gli strumenti per farlo.
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