Ho già scritto in passato sull'operazione meritoria dei nostri maggiori quotidiani che pubblicano ormai con continuità collane di volumi di estremo interesse a costi, tra l'altro, contenutissimi. In questo momento Repubblica sta facendo uscire la collana "Le domande della filosofia", tanti volumetti che hanno per oggetto i problemi fondamentali che occupano l'animo umano dagli albori della civiltà. L'ultimo uscito è curato da Maurizio Ferraris e si occupa di "morale". MORALE è il titolo. C'è un solo modo giusto di vivere?
Domanda da far venire i brividi e che oggi trova il suo punto critico nel dibattito sul relativismo.
I valori morali sono relativi o assoluti?
Oggi in occidente la risposta più ragionevole e più comunemente accettata è che indubbiamente sono relativi. Una risposta che ci viene dall'illuminismo (semper benedictus) a sua volta preceduto da Spinoza e dal suo "Deus sive natura" - che sempre sia lodato - e che attraverso i successivi passaggi, a partire dall'idealismo, ci ha condotti all'attuale "mondo di valori e comportamenti".
E' ovvio che il relativismo ha dei limiti perché altrimenti sarebbe "anarchia"e "prevaricazione dei più forti sui più deboli"E' il limite della visione e delle tesi di Nietzsche secondo il quale " non ci sono fatti ma solo interpretazioni ", che è poi la stessa tesi di Sallusti e Bel Pietro, con l'aggravante che mentre a Nietsche si poteva rimproverare tutto ma non di non agire secondo una sua comunque forte tensione ideale, su Sallusti e Bel Pietro, li cito come principali ma non unici esponenti di una scuola di pensiero, il giudizio morale è immanente in "re ipsa" Fatte queste premesse, è altrettanto ovvio che molti sono i modi in cui gli esseri umani possono organizzare la loro vita , modi che possono variare nel tempo e nello spazio, e che possono far "vivere bene" generazioni di uomini e donne che ci seguiranno senza necessità di fare riferimento necessariamente ad un ente superiore. Problema già affrontato e risolto sul piano teorico da Emanuele Kant, uno e trino, nel suo "La religione entro i limiti della pura ragione"del 1793 che trova un suo riscontro sul terreno pratico dell'analisi sociologica nelle osservazioni di Jonatahn Swift. E che a distanza di quattro secoli ho occasione di veder confermate giornalmente durante la mia passeggiata mattutina con la mia dolcissima cagnetta, la mia Beagle di nome CLIO (come la musa della storia) la quale evidenzia palesemente capacità cognitive, doti di analisi e sintesi, e, soprattutto, autonomia di giudizio e di comportamento, superiori a quelle di almeno il 50% degli attuali parlamentari eletti, come sappiamo tutti, col Porcellum (che rischiamo resti; del resto del maiale, notoriamente, non si butta via niente.)
Ma andate ad enunciare certi principi ad un talebano e vedrete che da noi è cosi', in tante altre parti del mondo no. E anche da noi ci ricordiamo cosa successe il 17 Febbraio 1600? Vi rispondo io: andate in Campo dei Fiori e guardate la statua corrucciata di Giordano Bruno.
Oppure solo trenta anni dopo cosa non fece passare il cardinal Bellarmino a GALILEO, AUTORE DEL "GENESI".
E anche oggi , ci chiediamo come si muovono "nel profondo" Vaticano, Segreteria di Stato, le varie CEI sparse per il mondo coadiuvate dai loro bracci finanziari? ( IOR, banchieri di sistema - ne avete visto all'opera il più influente ieri sera ; io no per i noti motivi, ma ho già rimediato)
Perciò da parte mia piena condivisione dei principi del relativismo morale razionalmente temperato, e diffidenza assoluta nei confronti di tutti coloro che, in qualsiasi parte del mondo, vogliono imporre "valori assoluti" e, sulla base di questi, imporre, condannare, reprimere. Tra i tanti che si muovono in questo senso debbo dire che "mi fanno più senso", volendo usare un "calembour" e una espressione eufemistica insieme, quelle organizzazioni che si muovono nei sotterranei maleodoranti come ad esempio, ne cito una per tutte, l'OPUS DEI.
.Mi accorgo che l'argomento è così vasto che bisogna spezzarlo in almeno due parti-
Per cui qui farei finire qui la parte per così dire "generale"o "teorica"rimandando ad un secondo "step"l'analisi delle conseguenze "pratiche"degli assunti. Kant le inserirebbe nella "Critica della ragion pratica"(1788)
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