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giovedì 19 marzo 2020

IL CORONAVIRUS E LE STRINGENTI DISPOSIZIONI A NON USCIRE DI CASA

L'epidemia si sta diffondendo con sempre maggior virulenxa ed è evidente la preoccupazione sempre più forte dei governi e delle autorità preposte non solo qui da noi ma anche in Germania, in Francia, in Spagna, in Gran Bretagna, dove il primo ministro ha fatto una svolta ad U rispetto alle posizioni assunte nella prima fase, per gli scarsi risultati finora ottenuti con la strategia della "chiusura" e della riduzione al minimo possibile dei contatti sociali. Attendiamo qualche giorno per verificare con freddezza se ci sarà stata una inversione di tendenza come molti esperti hanno previsto e prevedono(gli effeti positivi dei provvedimenti presi si manifestano non immediatamente) ma certo è che si perpisce nella gente un sentimento di fortissima preoccupazione, spesso di vera e propria paura e in qualche caso di panico, di  fronte ad un nemico di cui si sa poco, invisibile e dotato di armi potenti.E' vomitevole, in questo contesto,  l'atteggiamento del leader della Lega Salvini che continua ad accusare il governo, ma tutti i governi sono in difficoltà, di tutte le nefandezze in un momento in cui occorrerebbe raccogliersi e unirsi a difesa dei popoli, dei cittadini, delle persone che stanno correndo un serio e concreto rischio di andare incontro ad un dramma di massa.
Per quanto attiene a noi "italiani" abbiamo purtroppo confermato anche in questo frangente alcuni caratteri nazionali. La tendenza a sottovalutare se non ad ignorare le disposizioni che in certi contesti vengono viste addirittura come "lesive" delle libertà e dei diritti dei cittadini per cui è quasi "doveroso" non rispettarle.
Erano state date precise disposizioni, forse lo si sarebbe potuto fare con maggior decisione e sottolineando la assoluta necessità che fossero scrupolosamente osservate, di uscire di casa soltanto in caso di assoluta necessità per ridurre i rischi di contagio e abbiamo assistito a c0mportamenti allucinanti. I luoghi della movida più affollati che mai, gruppi numerosi a far jogging, contatti sociali non ridotti, tabaccherie aperte non si sa perchè, gente che si è spostata e si sposta sul territorio favorendo la diffusione del virus. in sintesi,  molti, troppi atteggiamenti anarchici nei quali si percepisce una assoluta mancanza di senso dello Stato, di senso  di comunità, e del tutto privi di una benchè minima  valutazione del bene comune che giustificano, almeno in parte, la cattiva fama di cui godiamo all'estero.
D'altronde si fa presto a dire "non uscite di casa". Io ho la fortuna di abitare in uno spazioso appartamento al settimo piano senza nessuno sopra di me, con un grande terrazza ed uno splendido panorama sull'arco alpino. Non per tutti è così e si deve comprendere come per molti non sia facile attenersi strettamente alle disposizion Ma questa volta lo si deve fare, tutti indistintamente. La situazione è estremamente pesante e o si esce da questa esperienza con il concorso di tutti addirittura rafforzati o affonderemo tutti nel deserto dell'egoismo e della incapacità di comprendere. Spero solo che questa fase di assoluta emergenza si esaurisca in tempi ragionevoli  per la tutela del beness
ere non solo fisico ma anche mentale di noi tutti.



martedì 17 marzo 2020

IL CORONAVIRUS. L'INFINITO, L'ETERNO

La terza cantica della Commedia di Dante termina con la terzina:
"ma già volgeva il mio desio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move  il sole e l'altre stelle"
E con questa immagine e queste parole si chiude l'intero Poema
Da brivido; l'Universo infinito mosso, regolato da una forza che è AMORE ASSOLUTO che tutto permea e tutto penetra. Per un uomo del tardo medioevo come Dante il concetto di un DIOAMOREASSOLUTO è un salto vertiginoso in avanti nello spazio e nel tempo
Io lo sento, l'Universo come un flusso continuo e silenzioso, ma con una musica interna che percepisco come armonia ed equilibrio, di luce e materia fluida:  un ENDLESS RIVER e trovo nell'omonimo lavoro musicale di qualche anno fa dei Pink Floyd il tema musicale che meglioesprime queste sensazioni.
 Ora i versi di Dante e la musica dei PinkFloyd sono bellezza assoluta,
E allora mi chiedo: il "coronavirus" costringe la maggior parte di noi a non uscir di casa. E allora perchè non volgere in positivo questa forzata limitazione per recuperare il rapporto con ciò che di significativo l'umanità ha prodotto nel corso della storia,e non cerchiamo di ridare giusta gerarchia alle cose, agli avvenimenti, alle persone aprendoci al confronto e al dialogo su temi di maggior peso rispetto a quelli proposti da Barbara d'Urso e similari'

lunedì 16 marzo 2020

IL CORONAVIRUS E IL SENSO DELLA MORTE

Pubblico nuovamente questo post scritto e pubblicato il 16 marz
o con le  mie valutazioni in ordiee agli effett idella  pandemia, che in quella fase era particolarmente virulenta, sui nostri comportamenti, sulle nostre paure, sul nostro rapporto con la morte e con il dolore

Il corona virus ci sta costringendo ad un radicale cambiamento delle nostre abitudini, è in pratica l'unico oggetto di conversazione all'interno delle famiglie e tra amici, assorbe gran parte delle attività dei media.  è l'argomento più discusso sui socials. In continuazione vengono aggiornati i dati sui nuovi casi, i ricoverati in strutture ospedaliere, le persone in via di guarigione, i guariti, i deceduti. Quanto a questi ultimi si tende a sottolineare che i deceduti sono prevalentemente persone anziane, affette in genere da altre gravi patologie (SENECTUS IPSA MORBUS, sosteneva Cicerone) che sono decedute non a causa del "coronavirus"  ma "con il "coronavirus"quasi ad esorcizzare con questa sottolineatura le molteplici paure che caratterizzano la situazione, in particolare la paura della morte.
Ora mi chiedo: la drammaticità dell'esplosione della epidemia in queste ultime settimane ha in qualche misura cambiato in noi essere umani la percezione della morte e del nostro destino individuale ad essa legato?
Cercherò di dire - innanzitutto - quello che sento io. Gnotsi Sauton ammoniva un altro autorevole personaggio del mondo antico, ammonimento sempre valido.
Dunque, vediamo. Ho settantadue anni, il fisico per un lungo periodo non mi ha mai tradito, poi sembra abbia voluto farmi scontare con abbondanti interessi e in tempi concentrati il presunto credito che avevo maturato nei confronti della vita. Nel 2004 ho fatto una brutta caduta da fermo sugli sci che ha provocato una fastidiosa e mai risolta tendinopatia alla cuffia dei rotatori con consegiuenti problemi di postura e conseguenti dolori osteoarticolari. l'anno successivo risalendo dall'acqua sul catamarano dopo aver fatto il bagno in mare nel più bel atollo del mondo, a Rangiroa in Polinesia, sono scivolato sul fondo della imbarcazione fratturandomi cinque costole. Contestualmente sono comparsi i primi sintomi di una grave malattia neurologica che all'inizio del 2007 è stata diagnosticata come "malattia di Parkinson complicata da fluttuazioni motorie" (Io mi sarei accontentato anche di una sindrome semplice ma tant'è)  che mi costringe a convivere con una "macchinetta"- chiamiamola così - che eroga levodopa direttamente nel  duodeno e che costa al SErvizio Sanitario circa 40.000 euro l'anno. Per non farmi mancare niente nel 2017 sono stato operato per un basalioma sulla spalla sinistra (rivelatosi benigno,  comunque ha dovuto essere asportato) e nel 2018 di un melanoma sempre alla schiena anche questo - sembra - preso in tempo. Due mesi fa è stata cambiata la "macchinetta" di cui sopra (VA CAMBIATA OGNI DUE ANNI) il che ha comportato un intervento in anestesia locale che è durato due ore. Tralascio acciacchi minori.
Ho riferito nei dettagli quanto sopra non per farmi compiangere (ho conosciuto persone che hanno dovuto sopportare ben di peggio) quanto per definire il quadro generale che mi servirà a far cogliere il senso di quanto andrò a dire.
Dal quadro emerge che nell'attuale contesto sono un soggetto a forte rischio e che se si dovesse mai arrivare a dover scegliere tra più persone a chi erogare assistenza medica e ospedaliera e a chi negarla, io sarei senz'altro il prescelto ......a soccombere e, sinceramente, non avrei obbiezioni da fare. 
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Premesso quanto sopra,io come sto, cosa penso, cosa provo?
Ho paura? Sinceramente no. Ho una forte preoccupazione per la situazione generale, per il futuro dei miei cari, per il futuro del Paese che rischia di arretrare sotto il profilo economico e sociale a condizioni anteguerra, so che ogn giorno potrebbe essere l'ultimo, so bene che la maggior parte del percorso è alle spalle, ma non sento "vicina" la final courtain 
Ho il massimo rispetto per chi ha come riferimento valori religiosi ma non sono credente. Non credo esista un ente superiore che ha creato tutto quello che vediamo, non credo ad una sopravvivenza individuale e con coscienza di sè dopo la morte, non credo che saremo chiamati ad un giudizio nè individuale nè universale, non credo al Paradiso nè all'inferno comeluoghi nei quali si espiano le colpe commesse in vita o vengono riconosciute e premiate le cose buone fatte in vita (sul Purgatorio ha  già detto tutto Jacques Le Goff nel suo "La nascita del Purgatorio" ) Credo invece che saremo tutti quanti ricondotti a immergerci nel flusso eterno dell'Universo dove saremo anche noi parte e partecipi "dell'amor che move il sole e le altre stelle" Io il divino lo concepisco così: un flusso perenne di luce e di colore E penso che quando sarò nell'imminenza  mi troverò ad essere  abbastanza sereno senza eccessivi timori. Rimpianti e rimorsi sì, timori credo di no(ANIMULA VAGULA BLANDULA, HOSPES COMESQUE CORPORIS QUAE NUNC ADIBIS IN LOCA PALLIDULA, RIGIDA, NUDULA NEC, UT SOLES DABIS IOCOS) fa dire la Yourcenar all'imperatore Adriano. Io credo di essere più avanti, di avere maggiori certezze (ho un vantaggio di quASI 2.000 anni sul grande imperatore di origine spagnola) ma sempre conservando come pietra angolare il dubbio metodico.
E tempo di andare- dice Socrate ai suoi discepoli il giorno della cicuta - io a morire, Voi a vivere, quale delle due sorti sia la migliore solo il Dio lo può sapere.
 Dunque per me non è ancora tempo - così sento - di uscir di scena. Non  può essere lontano, il commiato, ma non lo sento imminente. Per una serie di ragioni:
- primo perchè non sono pronto. Veramente credo che nessuno si possa mai sentire pronto; io non lo sono Un esempio per tutti. Non ho ancora letto "Guerra e Pace." Ce l'ho ben in evidenza in libreria nella edizione in cinque volumi della Einaudi, ci passo davanti tutti i giorni ma è ancora lì. Mi si può obbiettare che si può anche non aver letto questo caposaldo della letteratura mondiale. Vero ma se si aggiunge che ho iniziato 26 volte i Fratelli Karamazov e non sono mai andato avanti
 ....................c'è da fare qualche riflessione
Secondo perchè sono di forte fibra. Sono sopravvissuto, dall'aver indossato da piccolo e da adolescente capi di abbigliamento (golf, magliette intime, mutande) fatti con la famosa lana prodotta dall'altrettanto famoso "Lanificio Giuseppe Pirani e figli snc." Da adulto ho avuto modo in vari modi, tempi e forme, di sperimentare "l'insostenibile pesantezza dell'essere" e di salita ne ho pedalata tanta
Terzo perchè le energie non sono interamente esaurite e in fondo ancora mi diverto
Quarto perchè se manco chi ve lo scrive un articolo come questo? 
Ma la ragione vera è che io amo  profondamente - a modo mio, con tanti difetti e limiti - lo riconosco - i miei familiari più stretti e vorrei goderne la presenza il più a lungo possibil.
Dunque per me non dovrebbe essere ancora tempo ma certe riflessioni le faccio da tempo. I giorni vche stiamo vivendo, il periicolo reale e concreto che stiamo correndo a livello planetario, avrebero dovuto, secondo me, sollecitare analoghe riflessioni in tutti, specialmente nei meno giovani ma anche nei giovani. Invece mi sembra che di questo aspetto non importi niente a nessuno e che siano prevalenti le preoccupazioni per la mancata movida del sabato, per il dover restare in casa, per lo stravolgimento delle nostre abitudini. Meno immediate mi sembrano le preoccupazioni economiche, almeno in larghe fasce di popolazione,che a mio avviso saranno invece drammatiche. Abbiamo passato secoli e secoli a preoccuparci del destino delle nostre anime, la vita è stata concepita per lunghissimo tempo come "un passaggio" verso la "vera" vita e in pochi decenni tutta questa sovrastruttura è crollata. Di questo dovrebbe occuparsi e preocccuparsi, più che del matrimonio del clero, papa Francesco. Che la battaglia mi sembra averla già persa come l'hanno persa tutti coloro che cercano di vedere un po'più in là e di interrogarsi.
Questa mi sembra lo stato delle cose ai tempi del "coronavirus"; debbo dire che il quadro mi sembra sconfortante ma spero che ci sia sempre qualcuno che tenga in mano la fiaccola per illuminare il percorso alle nuove generazioni.

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domenica 15 marzo 2020

LA VITA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

la "peste nera" arivò in Europa.
Nel 1985 fu dato alle stampe un bel romanzo di Gabriel Garcia Marquez,già insignito nel 1982 del premio Nobel per la letterratura. Il romanzo aveva titolo "l'amore ai tempi del colera" e mi è venuto in mente spesso in questi giorni mentre mi aggiornavo sulla evoluzione della epidemia  da "coronavirus" sulla quale mi limito a fare alcune osservazioni da uomo della strada senza alcuna pretesa di indicare cause e rimedi
La prima osservazione che si può fare è che l'infezione da coronavirus è la seconda pandemia della storia del nostro pianeta; pandemia nel senso di epidemia che interessa e colpisce in un breve lasso di tempo l'intero pianeta.
La peste(probabilmenfurono febbri tifoidee) che colpì Atene nel 430 a.c durante la guerra del Peloponneso segnò profondamente la città stato  e il territorio circostante ma non fu avvertita altrove. Secondo Tucidite l'epidemia aveva avuto origine in Etiopia, era poi passata in Egitto,in Libia per arrivare infine in Attica  La peste del 1350 che diede spunto al Boccaccio per il Decamerome ebbe origine nel nord della Cina e arrivò in occidente veicolata dai ratti imbarcati sulle navi commerciali genovesi  che collegavano continuamente i'Oriente e l'Europa. Costantinopoli, Cipro, Alessandria d'Egittto la rotta verso Occidente, fu Messina il porto attraverso il quale la "peste nera" arrivò in Europa nel 1347. In poco tempo l'infezione si allargò a tutta l'Europa secondo una direttrice sud/nord. e nel 1353 momento di maggiore espansione erano infettate l'intera europa, compresi i Paesi scadinavi, la Russia fino al Caucaso, la Turchia. La peste nera fece 20/25 milioni di morti in tutta Europa(1/3 della popolazione); cifre da prendere con beneficio di inventario indicano che a Venezia morì il 60% della popolazione, il 70% a Roma a Firenze il 90% La Peste Nera devastò quasi tutto il mondo allora conosciuto ma non coinvolse il continente americano, l'Australia, toccò marginalmente l'Africa. Quanto alla peste del 1630 descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi, colpì tra il 1629 e il 1633 l'Italia ettentrionale fino al Granducato di Toscana, la Svizzera fece oltre un milione  di morti ma fu sostanzialmente limitata. Caratteristiche di Pandemia ebbe invece a "spagnola" di un secolo fa. Si manifestò inizialmente negli USA (Kansas) ma si difuse rapidamente in tutto il mondo. Tra il 1918 e il 1920 fece 50 milioni di morti tra i quali il diciassettenne fratello di mio padre. Fu estremamente virulenta e colpì non solo persone  di età avanzata ma anche e soprattutto soggetti giovani.
Il "coronavirus"sembra aver assunto rapidamente le caratteristiche di PANDEMIA come riconosciuto in settimana dalla OMS.E' ancora in piena evoluzione ma ha già raggiunto tutti i continenti con alta velocità di propagazione, non è particolarmente virulento ma presenta notevoli difficoltà ad essere contenuto perchè - è questo l'aspetto nuovo, è effetto e diretta conseguenza della "globalizzazione". Dovremmo riflettere tutti quanti di più - soprattutto i governanti - sui cambiamenti che la globalizzazione ha determinato e sulle loro conseguenze.
Negli ultimi decenni il nostro pianeta si è trsformato in uno spazio unico dove persone, animali e merci si spostano in continuazione da una parte all'altra con mezzi diversi e velocità crescenti e dove miliardi di persone sono costantemente interconnesse.  Ciò comporta che i cambiamenti avvengono molto più velocemente di prima e che le conseguenze dei nostri comportamenti si riflettono ineluttabilmente sugli altri, che siano vicini di casa, concittadini, compatrioti. o cittadini di altre nazioni.
Per salvarci, per salvare il pianeta e il futuro delle nuove generazioni, è assolutamente necessario prendere piena coscienza di ciò e cambiare completamente l'approccio. E' triste vedere giovani che, intervistati, mostrano incapacità ad uscire da schemi di piccolo e meschino egoismo, che hanno poca dimestichezza con i concetti di bene comune, solidarietà e solidarietà intergenerazionale, e che sembrano incapaci di rinunciare, anche temporaneamente, a ciò che a loro sembra esserglidovuto in presenza della necesssitàù di salvaguardare un bene superiore. La mia generazione è quasi al capolinea e credeva che certi princìpi fossero consolidati. Evidentemente non siamo stati capaci di trasmetterli adeguatamente questi princìpi e questi valori il che dimostra una volta di più che di consolidato non c'è niente e che il compito di trasmettere "la memoria" alle nuove generazioni è tra i più impegnativi e ineludibili di ognuno di noi.