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mercoledì 20 maggio 2020

IL SENTIMENT DELLA VITA E DELLA MORTE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

iNon sto scrivendo niente sulla pandemia, volutamente. In Marzo avevo postato alcuni articoli, ma poi mi ero chiesto: ogni giorno sull'argomento vengono pubbblicati migliaia di articoli, l'informazione è anche tropppo ricca, che senso ha aggiungerew la tua voce. Pertanto non scrivo ma alcune riflessioni gli accadimenti di questi mesi le suggeriscono. Nel post pubblicato il 16 Marzo con il titolo "Il coronavirus e il senso della morte"mi chiedevo se la pandemia avrebbe modificato in noi esseri umani la percezione della morte e del nostro destino individuale ad essa legato. L'esperienza di queste settimane ha rafforzato in me un convincimento ormai radicato. LA MORTE E STATA RIMOSSA DI FATTO NELL'IMMAGINARIO COLLETTIVO QUI IN OCCIDENTE.
Ma come, mi si obbietterà. Si parla in continuazione di malati, di guariti, di deceduti. Giornalmente vengono redatti bollettini con il numero dei deceduti ripartito per età, per zona geografica, per il concorso di altrew patologie. Come si può pensare che la morte sia stata rimossa.
Cercherò di spiegarmi: la morte per secoli e fino a pochi decenni fa, qui in occidente, è stato un evento che coinvolgeva la persona, la sua famiglia e la comunità in cui si viveva. Si moriva in genere in casa, circodati dalla presenza dei familiari che informavano in continuazione i vicini sull'evoluzione delle cose, la fase immediatamente precedente era chiamata "agonia" ed era spesso caratterizzata dalla presenza, nelle stanze attigue a quella dove il malato combatteva la sua battaglia, di donne che ne ricordavano le doti e pregavano per la salvezza della sua anima. Espresssione di tradizioni popolari che si perdevano nella notte dei tempi. In Sicilia le chiamavano "chiagnine" nel mondo clasiico Prefiche. Chi si accingeva a marire si rendeva perfettamente conto di  quello che stava accadendo ma il conforto della presenza della famiglia, il conforto della presenza(praticamente sempre) del sacerdote che assicurava la riconciliazione con il divino ed esorcizzava la paura delle pene eterne, aiutavano nella fase di passaggio. Anche perchè era consolidata la credenza che la morte aprisse  la via della vera vita, della quale la vita terrena era solo un prodromo. Se si riusciva ad evitare l'inferno( pentimento, indulgenze varie, perdono) il resto era una passeggiata. Tuttalpiù si doveva fare un periodo di quarantena in Purgatorio (sul Purgatorio consiglio il bellissimo saggio "La nasacita del Purgatorio" di Jacques Le Goff.)
E i legami del ricordo e dei rapporti tra le generazioni rimanevano saldi nel tempo anche dopo la morte.  La scarsa mobilità sul territorio assicurava che ogni persona avesse una schiera di discendenti e parenti che assicuravano visite costanti al defunto. Inoltre in ogni famiglia, e le famiglie erano costituite da tanti elementi, c'erano almeno un paio di "zitelle" che si occupavano di questo aspetto. le indulgenze servivano ad accorciare il periodo di quarantena ed il forte influsso della religione  manteneva una costante corrente di scambio tra mondo dei vivi e dei no.
Oggi invece che succede: che i muore spesso in strutture ospedaliere o in strutture  per anziani dove il personale non può certo assicurare partecipazione emotiva ai singoli pazienti che muoiono soli, senza il conforto di una carezza o di una mano che ti stringe nel momento del passaggio, spesso sedati ed inconsapevoli. La mobilitè sul territorio  e le strutture familiari  molto più ridotte numericamente, fanno sì che in tempi brevissimi nessunoi si ricordi più della persona, il tutto accentuato dalla pratica sempre più diffusa della cremazione che favorisce la "damnatio memoriae" Ma più di tutto incide il venir meno della presa della religione sulla società e sulle coscienze.. La religione dava "il senso" che ora non c'è più ed ora il senso ognuno deve cercarlo e darselo da solo. Mica facile tanto è vero che la maggior parte rinuncia a cercarlo e arriva  alla fine del suo percorso senza averci pensato, alla propria morte, che non esiste nè per lui nèper gli altri che l'hanno conosciuto.
Un brutto destino di nonsenso, di solitudine, di perdita immediata di memoria., di impotenza(a Canne in tanti morirono sbudellati, oggi si muore di un virus di cui si sa poco, non si sa da dove viene, come si manifesta. Sinceramente morire così svilisce ogni tentativo di dare alcuna importanza al proprio passaggio sul pianeta.
Non contiamo niente, non serviamo a niente, non abbiamo senso e muoriamo di virus che annulla ogni drammaticità della FINAL COURTAIN di ognuno di noi

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