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sabato 10 ottobre 2009

L'ETIMOLOGIA DELLE PAROLE

Nel mondo attuale, caratterizzato da un continuo bombardamento di informazioni che si sovrappongono le une alle altre, abbiamo perduto l'abitudine a soffermarci ad analizzare il significato e l'origine delle parole, le sfumature delle varie espressioni, perdendo con ciò una ricchezza di cultura e una capacità di comprensione che le classi colte dei secoli che ci hanno preceduto invece avevano.

Analizziamone oggi una, di queste parole:

MENTECATTO: la parola ha origine dal latino mente càptus, espressione usata dai romani che si riferiva ad una persona, equiparata al furiosus, (pazzo) con una limitata capacità di agire in quanto colpita da infermità mentale . Quest'ultima si manifesta in definitiva come una forma di disadattamento, disadattamento che può assumere varie forme: la scissione ovvero l'interpretazione alterata della realtà per uscire fuori dal mondo (schizofrenia), la fuga come distacco dal mondo, dalle relazioni sociali, dagli affetti (depressione, così diffusa ai nostri giorni), le ossesssioni, la maniacalità. Per restare su quest'ultima, Mania è una fissazione patologica (mania di grandezza, mania di persecuzione, mania di potere ecc.) Nel mondo romano MANIA personificava la follia ed era la divinità della morte, presa in prestito dalla mitologia etrusca. Insieme al marito MANTUS (in etrusco Manth) governava il mondo dei morti e spesso era assimilata alle ERINNI. Come loro, tormentava gli spiriti colpevoli e non dava loro tregua. Addirittura alla divinità MANIA era dedicato un santuario in Arcadia, tra Megalopoli e Messene. Curioso il fatto che le due divinità erano associate alla città di Mantua, l'odierna Mantova
In sintesi il mentecatto è un folle ed è allora opportuno ricostruire laconnotazione che la parola follia ha avuto nel corso dei secoli:
- nel mondo classico la follia era strettamente legata alla sfera sacra ed espressione del divino. Un significato, quindi, positivo.
- nel medioevo la follia veniva vista invece come espressione del demonio e, in quanto tale, andava esorcizzata. Un giudizio, quindi, negativo tanto è vero che il folle veniva spesso eliminato con i metodi sbrigativi del tempo, non raramente con il ricorso al rogo purificatore
- nel rinascimento la follia assume di nuovo una connotazione positiva, basti pensare all'ELOGIO DELLA FOLLIA di Erasmo. Il folle veniva visto sì come un diverso ma che andava rispettato
- nei secoli successi il giudizio è stato altalenante; si è passati da una visione negativa che prevedeva l'uso del carcere come soluzione al problema, ad una visione più comprensiva sotto l'influsso delle idee e dei valori dell'illuminismo e ad un regresso con la visione positivista del folle come macchina rotta. Curioso ricordare che in Inghilterra nel settecento la cura dei folli era affidata ai quaccheri che introdussero l'uso di valori religiosi come metodo di cura e il lavoro come metodo terapeutico. Nel '900 infine, con Freud e Jung, l'approccio con la follia ritorna ad essere di rispetto e comprensione. Nel'ultima parte dello scorso secolo, poi, prevale la concezione della follia come frutto dell'ambiente e delle condizioni economico-sociali della persona in difficoltà e quindi un approccio terapeutico non più costrittivo e restrittivo ma di reinserimento sociale( è lo spirito della Legge Basaglia)
Vedete quante cose emergono partendo dalla parola MENTECATTO?
INTELLIGENTI PAUCA, dicevano i latini. Abbiamo avuto un grande passato; con l'ottimismo della volontà mi auguro che ritorni

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