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domenica 14 maggio 2017

L'EUROFESTIVAL E LA GLOBALIZZAZIONE

Ieri sera ho assistito, dopo decenni, all'Eurofestival che si svolgeva a Kiev in Ucraina. Mi incuriosiva vedere come sarebbe stato accolto e giudicato il pezzo che rappresentava l'Italia, Occidentalis Karma cantato da Francesco Gabbani.
Stupore dopo stupore, mi si è presentato un mondo completamente diverso dagli scenari del passato.
Innanzitutto tanti nuovi protagonisti, molti nati dalle evoluzioni politiche del più recente passato, altri entrati per successivo allargamento del concetto di Europa.
L'inglese come veicolo principale se non unico di comunicazione all'interno della comunità internazionale, parlato benissimo da tutti gli artisti e dai presentatori televisivi.
Un linguaggio musicale unificato e globalizzato come unificati e resi "visibili" all'istante abbigliamenti, modo di porgersi, comportamenti, quello che sinteticamente chiamiamo "look". Rischio di omologazione, vero, ma anche sintomo di conoscenza ed apertura.
La cantante dell' Azerbajan avrebbe potuto rappresentare la Spagna o la Croazia, il complesso rock norvegese, la Germania (che, poverina, arriva sempre ultima), quello di Cipro avrebbe potuto essere inglese, il nostro Francesco avrebbe potuto essere cittadino di uno qualsiasi dei 42 stati che partecipavano alla manifestazione: la sua "Occidentalis karma"coinvolge e mette in discussione tutto il mondo occidentale, il nostro modo di pensare, le nostre priorità, le nostre sedimentate abitudini,
Nel complesso una gradevole sensazione, quella di un mondo che conosce gli altri, che li imita anche, che si lascia omologare, spesso, che attraverso la musica si libera dei propri pregiudizi, delle barriere e degli steccati costruiti in secoli.
L'Europa la fanno e la faranno la musica, le scienze, le arti, tutti i linguaggi che hanno carattere di universalità. 
Il nostro rappresentante non ha vinto e non è riuscito a dare corpo alle aspettative della vigilia. Poco importa
Ha vinto il Portogallo con una canzone che smentisce tutto quello che ho detto finora: una canzone anni 60', intimistica, che riporta ad atmosfere antiche.
Va bene così; la globalizzaazione può appiattire molto ma c'è sempre un momento in cui si riafferma l'individualità e questo strano mammifero cordato chiamato "uomo" reclama la sua libertà 

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