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giovedì 16 agosto 2012

LA RIPRESA - MA COME, DOVE, QUANDO ?

Si parla sempre più spesso della necessità che il Paese riprenda al più presto a crescere perché solo uscendo da una fase recessiva che dura ormai da lungo tempo (rammento che si parla di "recessione"in linguaggio tecnico quando il PIL è in flessione da almeno due trimestri consecutivi) può sperare di affrontare con possibilità i risolverli tutti i nodi ormai strutturali che appesantiscono la nostra economia.
Il Presidente Napolitano non più tardi di ieri ha nuovamente ammonito al riguardo ed il Premier Monti ha attribuito priorità nella sua Agenda al tema dello sviluppo.
Ma quale ripresa?Come? Dove? Quando?
"Il fatto quotidiano" ha recentemente pubblicato un articolo dal titolo significativo: "Quando Carosello parlava italiano."
Perché negli anni '60 fa la maggior parte dei prodotti che consumavamo erano prodotti o fabbricati in Italia; oggi non più. Se facciamo mente locale agli oggetti che usiamo nella nostra vita quotidiana, vediamo che la maggior parte di essi sono prodotti all'estero.
a) l'auto. Negli anni 60 la FIAT copriva il 70% del mercato. Ora è nettamente sotto il 30% con prospettive di ulteriore riduzione, Rammento che l'industria automobilistica trascina un  consistente indotto. Pirelli nel settore pneumatici è direttamente dipendente dalle sorti Fiat
b) settore farmaceutico: l'unica azienda di livello che abbiamo è la MENARINI. Tutti i farmaci che usiamo sono prodotti da multinazionali
c) elettronica di consumo(televisori, telefonini, videocamere,navigatori satellitari, personal computer, stampanti) non cè un solo marchio italiano
d) grande distribuzione.  tutta in mano a multinazionali (Carrefour, Auchan ecc.) con l'unica eccezione  di Esselunga e delle COOP. Ma il titolare di Esselunga, Caprotti, è ultraottantenne ed in lite con i figli, Non è escluso che Esselunga cada in mani straniere in futuro.
e) chimica fine: praticamente assenti in tutti i comparti
f) chimica di base: i grossi impianti petrolchimici sono tutti destinati alla chiusura
g) siderurgia: è di questi giorni l'interesse mediatico. sull'ILVA di Taranto. Della grande industria siderurgica del passato è rimasto poco o niente. Il resto o ha chiuso o è passato in mani straniere
h) industria alimentare: quasi tutto in mani straniere: acque minerali alla Nestlè e alla Carrefour, Parmalat passata ai francesi di Lactalis, Eridania e idustria saccaridera ai francesi
i) Alitalia:passata ai francesi
l)" fashion" è il settore di punta dello stile italiano, vero, ma i maggiori marchi sono stati acquistati da soggetti investitori esteri(Valentino, Gucci ecc.)
m) approvvigionamento energetico: totalmente dipendenti dall'estero in un mondo in cui l'energia scarseggia ed è sempre più cara.
Potrei andare avanti per delle ore; gli esempi sopracitati mi servono a dimostrare che anche in caso di ripresa dei consumi il beneficio per l'economia italiana sarebbe bassissimo,.
Negli ultimi venti anni, mentre qualcuno imboniva che eravamo nel migliore dei mondi possibili, che l'Italia andava benissimo, che la crisi non c'era perché i ristoranti erano pieni e gli aerei pure, si sono verificati due fenomeni giganteschi:
- l'Italia si è deindustrializzata
- è stato accumulato un enorme debito pubblico che non è servito a dotare il Paese di moderne infrastrutture ma ha alimentato corruzione, sprechi, distribuzione di ricchezza non prodotta.
Per cui alla domanda : la ripresa, come, dove, quando? rispondo: non lo so. So però che ci troviamo nella stessa situazione in cui ci siamo trovati tante volte nella storia, ultima nel 1945.
Bisogna ripartire daccapo, rimboccarsi le maniche, azzerare l'attuale classe dirigente, e riflettere sugli indirizzi da dare al Paese. E recuperare una dimensione etica all'operare. Non passa giorno che non emergano nuovi casi di malaffare, di cattivo uso delle risorse, di disonestà individuale e collettiva; questo è il livello dei paesi sottosviluppati. Non si può - come dice giustamente il Prof. Prodi - essere ricchi e cretini/disonesti per più di una generazione.
Vediamo un po' cosa vogliamo fare. 

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