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sabato 5 settembre 2009

IL MIO RAPPORTO CON "REPUBBLICA"

In questi giorni l'attacco a Repubblica è nel pieno della sua virulenza ed il quotidiano fondato da Eugenio Scafari appare sempre più come una cittadella assediata e come uno dei pochissimi baluardi a difesa del pluralismo dell'informazione, pluralismo che è il sale di ogni democrazia. Leggo Repubblica dal primo numero e mi sono sempre riconosciuto nella linea editoriale di Scalfari e di Mauro che ho identificato in quei valori chiamiamoli laico-progressisti nei quali mi riconosco. Ho grande stima di Scalfari, di Mauro, di Giannini e di gran parte dei giornalisti del quotidiano i quali hanno in primis un grande merito: scrivono in un italiano chiaro, non arzigogolato, secco, comprensibile, con uno stile che va dritto al cuore dei problemi. Riconosco altresì al giornale il merito di aver allargato gli orizzonti di noi lettori: l'attenzione ai temi filofofici, etici, scientifici che emerge dalle pagine che un tempo si sarebbero dette culturali ha costituito e costituisce occasione di riflessione, approfondimento, ampliamento delle conoscenze di ciascuno. Il tutto in uno stile molto meno paludato di quello del Corriere, che pure apprezzo.
Certo a Repubblica non sono viole mammole, spesso la linea ha prevalso su una netta distinzione tra i fatti ed il giudizio sugli stessi, il quotidiano ha assunto talvolta le caratteristiche di un superpartito, ma il giornale è sempre stato una voce viva e vivace allll'interno del panorama politico e culturale del paese. Certo è un giornale per "fighetti", per un pubblico che si ritiene, a ragione o a torto, elitario e in quanto tale minoritario tanto è vero che il paese va da tutt'altra parte. Questo il limtite più grande di "Repubblica", ma guai a chi si azzarda a toccarmela o a togliermela: posso rinunciare a tutto ma non al piacere sottile di inziare la giornata con un editoriale di Scalfari, una inchiesta di D'Avanzo, una lucida analisisi di Giannini. Al direttore Mauro tutta la mia solidarietà. Sappia che non è solo e che buona parte del Paese non ne può del regime che si è affermato al potere e che conculca ogni giorno i principi sui quali si fonda una moderna democrazia. Quando la nottata sarà passata ed il sonno della ragione dileguato, anche altri vi riconosceranno il merito storico di aver contribuito in maniera rilevante a salvare questa povera italietta, perennemente oscillante tra pulsioni latinoamericane e la tensione verso forme di convivenza più civili e più avanzate

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