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sabato 2 maggio 2015

L'EXPO - I VANDALI A MILANO - TURANDOT

L'EXPO sembra purtroppo partito sotto una cattiva stella. Dopo la affannosa corsa a "nascondere" quello che non era pronto, il primo maggio in Lombardia si è presentato fin dal primo mattino come una giornata uggiosa che non invitava all'ottimismo. La cerimonia di apertura - diciamocelo - è stata sotto tono malgrado il presidente del Consiglio Renzi abbia lodevolmente cercato di sottolineare le "positività" del sistema Italia sorvolando sui punti di debolezza. Nel complesso una cerimonia "moscia" perché le parole sono tante ma la "gente" ha bisogno di fatti e percepisce che il rischio di nuovi ed inconcludenti "fiumi di parole" è alto.
Poi i fatti del pomeriggio a Milano: fatti gravi che hanno veicolato nel mondo intero l'immagine di un Paese non in grado di governare le situazioni, un paese lacerato, senza bussola, un paese sostanzialmente inaffidabile. Ed infatti, al di là della retorica e dell'ottimismo di facciata, di biglietti all'estero ne sono stati venduti  pochi.
Ci rifaremo in serata con la TURANDOT dalla Scala.....mi son detto. Ed invece.........al primo impatto...............ma è mai possibile che non si possa fare una regia senza vestire i tre ministri come un incrocio tra clowns e l'omino Michelin!? possibile che i pretendenti prima di Calaf finiti sul patibolo non possano essere rappresentati che come zombies vestiti di nero ed il volto coperto da maschere? A parte il fatto che essendo in Cina il bianco il colore del lutto, sarebbe stato più coerente vestirli di bianco.
Turandot è l'ultima opera lirica composta da Puccini; quando morì nel 1924 per un tumore in gola non era ancora terminata tantoché fu il maestro Alfano a completarla. Per Toscanini, che ne diresse la prima, Turandot termina con l'aria cantata da Liù "............tu che di gel sei cinta............".Alla fine dell'aria Toscanini depose la bacchetta e se andò dopo aver detto:"qui finisce l'opera per morte dell'autore".
Il mio rapporto con Turandot è ambivalente: bellissima sotto il profilo musicale, piena di sonorità "nuove" nate dalla convergenza dell'estetica pucciniana con quella di Debussy, di Ravel, di Wagner che fanno delle opere composte nel nuovo secolo dal maestro lucchese l'estremo sviluppo di un genere musicale nato nel '700, che è stato trionfante nell'800 e che nel '900 sembrerebbe progressivamente e spero non irreversibilmente essersi inaridito. Mi convince molto meno come impianto teatrale e i personaggi sono a mio avviso stereotipati in una visione dell'oriente oleografica. Delusione all'inizio, dicevo ma poi, man mano che l'opera andava avanti, emergeva sempre più evidente la fortissima carica di innovazione che la nuova produzione della Scala conteneva. Il tutto culminato nel finale di Berio che di Puccini coglieva pienamente l'essenza mentre Alfano aveva cercato di coglierne, da cattivo copista, la forma.
La scena finale con Turandot e Calaf che si allontanano mano nella mano, visti di spalle, verso la luce rimarrà nella storia del teatro lirico.
Un  grande spettacolo che conferma che la cultura è il principale "asset" del Paese e che sulla cultura deve poggiare la "ripartenza" 
ETICA ED ESTETICA Lo avevano già capito i greci
KALOS KAI AGATOS dicevano.  

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