Visualizzazioni totali

domenica 17 marzo 2013

CONVIVERE CON LA MALATTIA CRONICA

Il giornalino "Liberi", edito dalla A.S.P.I. (Associazione Parkinsoniani Insubria), l'associazione di Cassano Magnago animata con intelligenza e passione dalla signora Giulia Quaglini, ha pubblicato negli ultimi due numeri un interessantissimo intervento della Professoressa Silvia Bonino, già professore ordinario di psicologia dello sviluppo a Torino, il cui tema è quello di cui al titolo.
La professoressa Bonino si è trovata ad un certo punto della sua vita in una condizione di malattia cronica (nel suo caso una grave sclerosi multipla che l'ha costretta ad abbandonare la cattedra) che l'ha condotta a riflessioni in cui si sono venute a fondere sia l'esperienza personalmente vissuta sia l'analisi psicologica.
Le riflessioni della professoressa Bonino sono state raccolte in un libro dal titolo "Mille fili mi legano qui -Vivere la malattia" Laterza editori  pag. 170 euro 12 codice ISBN 8842079219  e sono molto interessanti per tutti coloro che si trovano nelle sue condizioni e nelle mie, afflitti da una patologia cronica  ( penso al Parkinson, all'Alzheimer, nella fase iniziale e intermedia poi arriva la notte, al diabete, alla SLA, alla Sclerosi multipla e a tante altre. Se volete divertirvi  - si fa per dire - cercate su Google il "Decreto Ministeriale 28 Maggio 1999" in cui sono dettagliate tutte le malattie croniche o invalidanti riconosciute dal nostro ministero della sanità. Per maggiori notizie sulla professoressa Bonino, sempre Google e troverete ampio materiale.

VIVERE LA MALATTIA CRONICA

Innanzitutto "vivere". Vivere una malattia cronica è ben diverso che vivere una condizione  acuta nella quale dopo una crisi anche grave si ritorna come prima. Chi ha una malattia cronica sa che:
- non vi è guarigione perché al livello attuale delle conoscenze non si è trovato alcun farmaco che possa far guarire
- non sempre i sintomi più gravi sono trattabili e le cure sono sempre incerte
- è una condizione che  dura tutta la vita ( e questo è l'aspetto che è più difficile "digerire")   e, in genere, con progressivi peggioramenti
- non c'è prevedibilità sull'andamento, ogni caso è diverso dagli altri
- si corre il rischio di isolarsi anche perché spesso il malato non riconosce ed accetta la malattia Se si riesce a "buttarsi fuori" il rischio è la possibilità di rifiuto da parte degli altri con conseguente tendenza all'isolamento
- oggi si è affermato un modello di vita che può sintetizzarsi nel culto della perfezione (gioventù, bellezza, salute) e che è veicolato ossessivamente dai media tutti i giorni. Non si riconoscono più i limiti della condizione umana, i suoi vincoli, le sue imperfezioni., per cui è difficile accettare i propri
VIVERE  e non SOPRAVVIVERE significa trovare un nuovo equilibrio, continuare nel proprio percorso di crescita, non limitarsi ad un adattamento passivo ma cercare "attivamente" nuovi sbocchi, nuove aree di interesse, nella consapevolezza che certe limitazioni che prima non c'erano adesso ci sono ma che piangersi addosso non serve a niente.
Mica facile, anzi per niente facile. anche perché tutto questo capita, in genere, quando  è iniziata la fase discendente della vita, la fase in cui le forze cominciano a diminuire, in cui il corpo manifesta per tutti i primi cedimenti. Ho già citato le parole che Marguerite  Yourcenar mette in bocca all'imperatore Adriano ma mi ripeto:
"........per la prima volta stamane m'è venuto in mente che il mio corpo, compagno fedele, amico sicuro e a me noto più dell'anima è solo un  mostro subdolo che finirà per divorare il padrone......."
Mica facile ma il "malato" deve prendere in mano la sua vita se non vuole soccombere anzitempo. Percorso difficile ma non solitario;richiede collaborazione innanzitutto dei medici curanti, che spesso tendono a sottovalutare il "malato" concentrati come sono sulla malattia, i familiari, gli amici, la società nel suo complesso..  Percorso che non è lineare: a momenti di miglioramento possono subentrare momenti di peggioramento ma bisogna essere sempre pronti a riprendere la strada.

MA PER VIVERE BISOGNA ACCETTARE LA PROPRIA MALATTIA

Difficilissimo. Nel mio caso, poi, quasi impossibile: ci ho messo anni. Mi è stato diagnosicato ormai sei anni fa un emiparkinson senza tremore e con irrigidimenti muscolari, specialmente al collo. Siccome i primi sintomi si sono manifestati in concomitanza con due cadute, una sugli sci da fermo con caduta a peso morto sulla spalla sinistra (tendinopatia alla cuffia dei rotatori) e una su un catamarano in polinesia (frattura di cinque costole posteriori a sinistra) e siccome i blocchi partono quasi sempre dalla spalla sinistra e dalla parte sinistra del collo, mi sono illuso per anni che tutti i miei problemi fossero meccanici. Ora so che ho carenza di dopamina (quando mi sveglio sono legato come un baccalà e dopo aver preso le prime pastiglie del mattino comincio a sciogliermi) ma resto sempre convinto che parte dei miei problemi sono di natura osteo articolare. Accettare la malattia significa innanzitutto superare la domanda: perché proprio a me. (In verità questa domanda non me la sono mai posta, basta guardarsi intorno e..........) non bisogna colpevolizzarsi (mai fatto) occorre riconoscere che la malattia è parte della propria realtà, ed è con questi limiti e con queste risorse si deve vivere per il resto del proprio percorso. Accettazione che non è rassegnazione ma riconoscimento della propria condizione che non è solo di malattia. E' un processo che richiede tempo, che evolve nel tempo e che può essere rimesso in discussione anche dopo anni (completamente d'accordo)

TROVARE UN SENSO ALLA PROPRIA VITA CON LA MALATTIA


Trovare il senso in verità riguarda tutti, sani e malati. Al riguardo mi è venuto in mente quel bellissimo pezzo di Vasco che ho allegato qui sopra. Per il malato cronico il trovare la via può essere più difficile ma se si vuole si trova. Io per esempio trovo la mia vita attuale molto più interessante, molto più varia e molto più libera di quanto non fosse qualche anno fa, posso organizzare il mio tempo come voglio, posso scrivere quello che voglio, ho la libertà di frequentare solo le persone che voglio, e che vogliano. Ho dalla mia la fortuna di avere una bella casa (oltretutto con gli infissi nuovi) e di non aver problemi economici, gli affetti e gli amici, ma sinceramente e immodestamente ci metto molto del mio.

RICOSTRUIRE L'IDENTITA'

"Si da senso alla propria vita con un impegno concreto per realizzare ciò che ne valga  la pena, vivendo e realizzando la propria identità" afferma la professoressa Bonino. "L'identità implica  essere stabilmente se stessi" continua la professoressa "nonostante la malattia metta in discussione proprio l'identità, sia sul piano fisico che relazionale" mi sembra un passaggio cruciale "occorre quindi impegnarsi per ricostruire la propria identità in relazione ai cambiamenti avvenuti" "al malato cronico non deve restare solo l'identità da malato, nè si deve identificare il malato solo come persona bisognosa di aiuto" "Occorre quindi guardare al malato come persona che ha ancora molto da dare e non solo da ricevere"
Ho riportato in rosso i tre ultimi virgolettati perché li condivido in pieno e mi sembrano racchiudere tutte le problematiche.

IMPARARE A SENTIRSI EFFICACI

E' importante continuare a sentirsi efficaci, a ritenere di aver conservato la capacità di "saper fare" anche se oggettivamente molte cose non si possono fare più. A me per esempio manca molto lo sci, le camminate in montagna, il tennis, anche il nuoto non è più quello di una volta.
Bisogna porsi degli obbiettivi, realistici, e cercare di raggiungerli. Un continuo monitoraggio onde evitare due rischi: mete eccessive e irraggiungibili e auto-limitazione.

I NEMICI: LE SITUAZIONI CHE POSSONO OSTACOLARE LO SVILUPPO PERSONALE

Tanti sono gli ostacoli che si frappongono alla ricerca di un nuovo equilibrio. Innazitutto "lo stress", lo stress di non riuscire più a fare certe cose, lo stress di sentirsi a disagio, lo stress di dover impiegare troppo tempo nelle attività quotidiane ecc. Quanto  allo stress sono tanti i modi per contrastarlo e contrastare le conseguenti emozioni negative. Tecniche di rilassamento (Yoga - Taichi- Reiki), dipimgere, o la musica; in questo momento sto ascoltando un album dal titolo SUNSET che contiene brani di musica "vitaminic", rilassante e riposante, ma lo stesso risultato lo raggiungo con Mozart o con Fausto Papetti ed il suo sax. Poi quello che pesa di più è la STANCHEZZA, fatica, ASTENIA, che è sempre presente nelle malattie croniche.
La scrittura di questo post mi sta richiedendo un tempo lunghissimo e una fatica non indifferente perché il collo non può stare a lungo in posizione di scrittura davanti alla tastiera.
Io la contrasto in molti modi ma essenzialmente con uno. La mattina verso le sette esco sul terrazzino rotondo che serve la camera da letto, metto le cuffie, metto un CD adatto ai bioritmi del giorno e faccio esercizi fisici (ciclette, stretching, esercizi di allungamento e di potenziamento muscolare). Non di rado mi metto a ballare seguendo il ritmo della musica. Non mi vede nessuno tranne i miei vicini di piano (il nostro è l'ultimo) e poi anche se qualcuno mi vedesse............ L'esercizio fisico, costante, è determinante per affrontare al meglio le limitazioni della malattia

GLI AMICI: LE SITUAZIONI CHE POSSONO AIUTARE LO SVILUPPO PERSONALE

Innanzi tutto è fondamentale il rapporto fiduciario con i medici e le strutture. Io ad  esempio mi sono trovato benissimo durante il mio ricovero alle terrazze di Cunardo ed ho un rapporto di intesa immediata con il mio nuovo neurologo, il Dr. Riboldazzi e con la Dottoressa Pendolino, fisiatra.
E altrettanto importanti, anzi di più. i rapporti in seno alla famiglia e  con gli amici. I rapporti con gli amici richiedono "manutenzione", "cura" "tempo" ma sono il sale della vita, dopo i rapporti familiari
E fondamentale il rapporto con il lavoro o, se non si lavora più, con i propri interessi. Questo mio blog, ad esempio, si inserisce pienamente in questo contesto. Io non mi sono sentito "pensionato" nemmeno un giorno, ho cambiato l'uso del tempo ma ho sempre chiara la consapevolezza che il tempo è l'unica cosa che non possiamo o dobbiamo sprecare.
MA PRIMA DI OGNI ALTRA COSA E' NECESSARIO CAMBIARE IL RAPPORTO CON SE STESSI,  CON LA FAMIGLIA, CON GLI AMICI, CON GLI ALTRI.
Nelle filosofie orientali si parla di "compassione" che se ci pensiamo bene significa "patire e sentire insieme", cioè condividere, i mussulmani dicono che Allah è grande e misericordioso, anche nella sensibilità cristiano-cattolica si ritorna a parlare di misericordia, e la "misericordia" altro non è che." pietà di cuore" in definitiva compassione
Mi auguro che le riflessioni della professoressa  Bonino integrate dalle mie possano in qualche misura dare aiuto a chi ha i nostri problemi.. E ai lettori che mi seguono, siamo ormai tra le 150 e le 200 visualizzazioni giornaliere, e che per fortuna loro questi problemi non li hanno un invito ad una riflessione. Può capitare a tutti in qualsiasi momento, non fasciarsi la testa prima di rompersela ma ricordare con Shakespeare che"siamo fatti della stessa sostanza dei sogni " (La tempesta)                
e ricordare con Marguerite Yourcenar che" "in ogni momento della vita siamo quelli che saremo come quelli che siamo stati" (Pellegrina e straniera)
E, per finire, siccome questo post verrà "etichettato" o "taggato" come "Alberto Pirani the life" un pezzo bellissimo





2 commenti:

  1. Molto bello l'articolo. Un saluto by Michele

    RispondiElimina
  2. Ringrazio per l' apprezzamento l'anonimo, ma non troppo per me, Michele. Ricambio il saluto

    RispondiElimina