La morte del senatore Andreotti, personaggio discusso, c'est à dire i giudizi sul quale sono contrastanti, ha fatto riemergere un antico dilemma i cui corni sono i seguenti: di fronte alla maestà della morte bisogna sospendere il giudizio o è lecito continuare a darlo anche in costanza di accadimento?
Mi sono interrogato ed ho cercato di capire che tipo di reazione avessi avuto all'apprendere la notizia.
Stupore? Assolutamente no; si sapeva che era ormai giunto alla fine del cammino
Dolore? Neanche un po'
Pietà? Nemmeno
Gioa? Neanche
Se dovessi dire, come dico, quello che più si avvicina a quello che ho provato userei la parola sollievo accompagnata dalla sensazione che con la morte del senatore a vita (nominato con perfidia tutta democristiana da Cossiga, ricordo bene la faccia livida di Andreotti che ascoltava Cossiga parlare, per toglierlo dall'agone politico e confinarlo nell'innocuo ruolo di padre della patria), sensazione dicevo che il Paese, scomparso lui, fosse un Paese migliore. Tanto è vero che mi sono permesso di intonare a bassa voce un TE DEUM di ringraziamento e questo non va bene perché non vanno mescolati in questo modo i santi con le cose terrene (cfr il primo atto della Tosca di Puccini, aria del sagrestano di Sant'Andrea della Valle).
Quello che ho appena detto contiene già la mia risposta al dilemma. Trovo pienamente legittimo, anzi doveroso, esprimere il proprio giudizio anche in costanza di avvenimento.
E il mio giudizio di sintesi è il seguente: Andreotti è stato uno dei personaggi più mefitici , anzi il più mefitico, della nostra storia politica del dopoguerra. In una mia personale scala Mercalli del'indice di "cattiveria" lo metto a livello 10, quello dei criminali - nel senso di persone aduse a commettere "crimines" - ontologici , nei quali cioè l'attitudine al male è nell'essenza stessa del loro essere (il calembour é voluto)
Ecco io credo che Andreotti sia stato talmente pervaso di cinismo, talmente disposto a tutto per il potere, che non posso esimermi dal giudicarlo.
Sono certo che non ha mai baciato Totò Riina - anche perché la scena sarebbe stata ributtante - ma sono sicuro che i suoi rapporti con la mafia in Sicilia fossero organici, che egli ne avesse piena consapevolezza e che Salvatore Lima non si muovesse senza il suo nullaosta. Lo considero mandante indiretto dell'omicidio di Giorgio Ambrosoli e diretto di quello di Pecorelli. Ritengo che il generale Della Chiesa non sarebbe stato ucciso se Andreotti non lo avesse lasciato solo, ritengo che nella morte di Moro abbia responsabilità non marginali, ritengo che la strategia della tensione che ha insanguinato l'Italia per un lungo periodo di tempo lo abbia visto attento e informato spettatore, ritengo che in lui non ci fosse un briciolo di quella "caritas" che un cristiano come lui diceva di essere dovrebbe avere in abbondanza, ritengo che avesse coltivato con larghezza l'arte di estorcere tangenti il cui ricavato era depositato - non tutto - sul conto aperto a nome della "Fondazione Cardinal Spellmann" presso lo IOR , conto gestito da monsignor De Bonis) ritengo infine che tra De Gasperi e lui ci sia stato un abisso.
Confermo quindi la mia posizione anche perché ritengo il "perdonismo" e la "comprensione"categorie non utilizzabili nel giudicare gli uomini responsabili di gravi misfatti , e perché sono del parere, personale, ovviamente rispetto quello degli altri il buon Voltaire insegna, che la partita ce la giochiamo tutta qui e che le regole dobbiamo darcele noi.
Dopo aver scritto quello che precede provo lo stesso sollievo che ho provato nell'apprendere del la scomparsa del Divo Giulio ............ che riposi in pace................. se ci riesce.
venerdì 10 maggio 2013
LA MORTE DEL SENATORE ANDREOTTI - QUALCHE NOTAZIONE A MARGINE
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