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venerdì 24 aprile 2015

IL MIO GINO - LE RELIGIONI MONOTEISTE - LA TEODICEA POST N. 14


Riprendo il discorso su GIOBBE e apro una parentesi. La mia conoscenza della Bibbia non è molto approfondita. Ho sempre considerato la Bibbia l'insieme dei documenti che la classe sacerdotale ebraica ha redatto per conservare memoria della storia, delle leggi, dei costumi, delle prescrizioni pratiche delle loro comunità.
Però ho letto il Pentateuco, i Salmi, l'ECCLESIASTE lo scettico, che mi fa fatto divertire di cuore ed ho letto il libro di Giobbe.
Giobbe è un uomo buono, timorato di Dio, mite, non ha mai fatto male a nessuno, ha sempre rispettato le leggi. Ad un certo punto della sua vita comincia ad essere colpito da una serie di disgrazie: perde tutto il suo patrimonio, i suoi figli vengono uccisi, il suo corpo si ricopre di piaghe. Lui sopporta, sopporta ma ad un certo punto si chiede, giustamente a mio avviso: Dio, ma perché tratti così me, mi umili, mi calpesti e invece non colpisci i rei e gli empi? E si arrabbia, non lo accetta.
Interviene Eifaz, un suo amico, che rievoca un principio fondamentale  della religione ebraica, quello della GIUSTIZIA RETRIBUTIVA.
Benessere e felicità sono il premio che Dio assegna ai giusti; sofferenza e e le punizioni attendono i rei. Ne deriva che se Giobbe ha tutte queste sofferenze vuol dire che ha peccato e che Dio per questo lo punisce. Il male fisico non è che la conseguenza del male morale, altro principio della religione. Ma Giobbe non ci sta. Me lo dovete dimostrare dove è sbagliato, perché io sono nel giusto. Ed in effetti Giobbe diventa esempio di "sofferenza che colpisce un innocente", perché non gli viene trovato niente che possa essergli rimproverato. Quanti esempi nella storia  di sofferenza subita da innocenti: basti pensare alla Shoah o alle persecuzioni di cristiani dei nostri tempi. 
Di fronte alla evidenza che continui sono i casi di male subito da innocenti si può reagire in diversi modi e assumere posizioni diverse:
a) tutto ciò avviene perché Dio non esiste, Dio è creatura dell'uomo e non creatore. E' la mia posizione.
b) si può pensare che la giusta punizione avverrà nella vita ultraterrena e che noi non possiamo giudicare l'imperscrutabile volontà di Dio. Non mi piace ma è la posizione che la Chiesa Cattolica ha tenuto per secoli 
c) si può pensare ad un Dio indifferente alle umane vicende. E' la posizione degli illuministi che non escludevano l'esistenza di Dio ma lo vedevano come un grande "meccanico", l'architetto dell'universo che creato il mondo se ne era disinteressato. E'la posizione di Aristotele (Dio come primo motore immobile) è quella di Epicuro e degli epicurei.
d)si può far finta di niente e continuare a credere alla giustizia retributiva su questa terra malgrado tutta contraria evidenza. E' la posizione di Eifaz. E' la posizione dello struzzo e non mi piace per niente.
Ma nessuna di queste "soluzioni" soddisfa Giobbe. Egli crede fermamente in Dio ma non dimentica, non può dimenticare le sofferenze patite. Allora Giobbe si rivolge direttamente a Dio. Non terrorizzarmi con la tua ira ma rispondimi: quali sono le mie colpe, dove ho mancato?
E qui emerge una nuova "interpretazione" quella del giovane Elihu. Dio fa soffrire alcuni uomini senza colpa perché li mette alla prova (Abramo e Isacco) e mettendoli alla prova li conduce alla salvezza. E' la posizione più distante dalla mia sensibilità e che mi rende del tutto estraneo Jahvé
Come finisce? Alla fine del libro Jahvé si presenta a Giobbe  nel pieno della sua potenza, lo annichilisce facendogli vedere la immensità e la potenza del creato e lo rimprovera di aver cercato di capire cose al di sopra della propria portata. Però gli riconosce fede sincera e lo premia. Nell'ultima parte della vita Giobbe "recupera" tutto quello che aveva perso. Diventa ricco, anzi ricchissimo(possiede quattordicimila ovini, seimila cammelli, mille asine e mille coppie di buoi) ha sette figli e tre figlie e vive fino a tarda età.
Se qualcuno mi spiega quale è la "logica" del comportamento di Dio gliene sarò grato. A me sembra un comportamento infantile, capriccioso e illogico. Jahvé non fa per me.
Nel prossimo post parleremo di Sant'Agostino e della concezione agostiniana del problema

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