Io ho grande stima di Eugenio Scalfari, leggo Repubblica dal primo numero e mi trovo praticamente sempre d'accordo con le posizioni del fondatore del quotidiano.
Di Scalfari apprezzo soprattutto:
a) le posizioni politiche fondate su una solida coscenza morale e su solide basi culturali nonchè i riferimenti al pensiero illuminista del '700 che ha elaborato i principi sui quali poggiano le moderne democrazie ed al quale anche io attingo
b) la chiarezza di esposizione che rende facile la comprensione anche di argomenti complessi
c) la coerenza del suo percorso umano e politico
d) la lungimiranza con la quale ha ceduto, ormai molti anni fa, ad Ezio Mauro la direzione del quotidiano ritagliandosi il ruolo di opinionista ( il termine mi sembra riduttivo ma non ne trovo altri) le cui analisi sono attese con vivo interesse da molti, me compreso che non perdo un editoriale domenicale.
L'unica recente divergenza di giudizio: non ho apprezzato le motivazioni con le quali ha supportato la sua posizione di continuare a pubblicare da Einaudi, appartenente al gruppo Mondadori, anche dopo la entrata in vigore di una norma scandalosa, una norma ad aziendam, che consente alla società di Segrate di "risparmiare" notevoli somme in una situazione di contenzioso con il fisco.
E proprio all'editoriale di ieri mi riferisco, dal titolo in oggetto, la cui linea di pensiero può così sintetizzarsi:
a) il cosiddetto "Lodo Alfano" (perchè poi lodo, che è tutt'altra cosa?), scrive Scalfari ed io concordo pienamente, è uno dei tasselli, e non il meno importante, della costituzione materiale con la quale il presidente del consiglio sta cercando di sostituire la Costituzione voluta dai nostri padri fondatori e che ha un impianto completamente diverso dal disegno berlusconiano
b) la norma inserita nella proposta di legge Alfano che "tutela" le massime cariche istituzionali, di fatto limita e lede il ruolo del Presidente della Repubblica che, secondo l'articolo 90 della Costituzione, non può essere sindacato per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni se non per i casi di "alto tradimento" e "attentato alla costituzione" nel qual caso è messo in stato d'accusa dal parlamento e giudicato dalla Corte Costituzionale Costituzionale. Per gli illeciti che non riguardano l'esercizio delle sue funzioni, invece, il capo dello Stato può essere inquisito e giudicato dai tribunali ordinari. La proposta Alfano di fatto mette le figure del Presidente del Consiglio sullo stesso piano del Presidente della Repubblica sul piano delle immunità con la differenza che il premier è scelto direttamente dai cittadini che trovano sulla scheda il nome del candidato premier mentre il Capo dello Stato è scelto dal parlamento. Si crea, come ha giustamente affermato il Presidente emerito della Corte Costituzionale Onida, un sistema sbilanciato a favore del Presidente del Consiglio che trasforma la figura del Capo dello Stato in un ruolo puramente notarile mentre secondo l'impianto costituzionale, perfettamente attuale, il Capo dello Stato è il supremo organo di garanzia. Inoltre nel progetto Alfano di fatto non si realizza solamente una sorta di immunità , che si traduce nella sospensione della procedibilità nei confronti di una delle alte cariche dello Stato per gli illeciti commessi nell'eserciuzio delle sue funzioni e limitatamente ai reati commessi nell'esercizio delle sue funzioni, ma una vera e propria impunità che copre anche gli illeciti commessi al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni.
C'è in gioco, conclude Scalfari ed io concordo pienamente, la Costituzione. Conseguentemente, dice Scalfari, tutte le forze che hanno a cuore la difesa dello stato di diritto e della Costituzione - da Fini in là - hanno il dovere, nella situazione di emergenza democratica in atto, di trovare tutti i punti di convergenza, azzerando ogni tipo di veto, per liberare il Paese dalla persona che sta minacciando l'impianto democratico sul quale si fonda la nostra convivenza civile. Poi, superata la fase di emergenza, ogni forza avrà modo di riprendere la propria navigazione sottoponendosi al giudizio del Paese sulla base della propria proposta politica. Il rischio, se così non fosse, sarebbe una ulteriore vittoria del berlusconismo che ha una concezione radicalmente diversa della democrazia e dello stato rispetto al modello che i padri costituenti hanno elaborato.
Sono completamente d'accordo. Ho sempre pensato, e scritto, che SB è persona pericolosa a se,agli altri e alla democrazia del nostro Paese. La sua concezione dello stato è populista ed autoritaria, la sua politica, che lui afferma essere "liberista e liberale", di fatto si traduce nella distruzione dello stato sociale, del collante che tiene unita la nazione, produce un modello di società squilibrata che inasprisce il conflitto tra classi categorie e regioni , trascura gli interventi necessari a fronteggiare il gravissimo problema di un debito pubblico che continua a crescere in maniera abnorme, lascia l'economia del paese in una situazione da farwest dove ognuno persegue il proprio interesse immediato, sta impoverendo larghi strati di popolazione.
Allarme rosso, conclude Scalfari, e io con lui.
E' necessario liberarci al più presto, concludo io, del "regime" e mandare definitivamente il cavaliere piduista nelle fogne della storia.
Con la speranza che sia l'ultima volta che il nostro popolo ricade nell'errore di attribuire ad un "uomo della provvidenza", ad un "re taumaturgo",ad un qualsiasi sedicente "salvatore della patria", ad un "uomo solo al comando" il compito di risolvere i problemi del Paese. Abbiamo bisogno di diventare democratici adulti, urgente bisogno prima che sia troppo tardi
lunedì 25 ottobre 2010
EUGENIO SCALFARI - IL SASSO ISTITUZIONALE E LO TSUNAMI POLITICO
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