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sabato 4 dicembre 2010

TU QUOQUE, GIANNI, FILI MI

In un post di Venerdì 16 Luglio dal titolo " Lo chiamavano Cesare" mi chiedevo (riporto testualmente): " Chi sarà Bruto? Non certo Fini , che non è mai stato figlio suo. Bisogna cercarlo tra i più intimi, quelli di più antica data. Non certo Bondi, in perenne adorazione". Ora la risposta la abbiamo. Tra coloro con il pugnale nascosto nella tunica c'è anche Gianni Letta, il braccio destro, il consigliori, l'eminenza grigia, il Richelieu, il dottor sottile del berlusconismo. Riportano i media che dalle carte di Wikileaks emergerebbe che  Letta avrebbe detto: " E' un uomo malato, fisicamente e politicamente debole, privo di energie.........carente di sonno per i troppi festini" Dicono anche le cronache che Letta abbia telefonato al premier che si trovava in Kazakistan smentendo di aver pronunciato le parole incriminate. Dicono anche che il premier non ci abbia creduto (del resto il beneamato tutto è tranne che stupido) e che si senta assediato da nemici esterni ed interni, roso dal tarlo del dubbio e dalla sindrome di essere finito al centro del mirino per aver difeso l'indipendenza energetica italiana. Si sente come Enrico Mattei, adesso.
Ma non demorde. Se Giulio Cesare, al vedere anche Bruto tra i congiurati, si tirò la tunica sul volto e non si oppose più al suo destino, Silvio no, combatte da solo contro i mulini a vento che gli appaiono e scompaiono davanti, come il cavaliere (guarda un po') dalla triste figura mena fendenti a destra e manca, tira colpi di coda come un tonno finito nella tonnara. Ma già il colore del sangue arrossa le acque, gli uomini della tonnara sono già pronti  ai bordi con i gli arpioni, le forze cominciano a mancargli, il 14 Dicembre si avvicina inesorabile. Bisogna dargli atto che ha forze sovrumane, il cavaliere, e che morirà, polticamente, ovvio, convinto di essere nell'empireo mentre i suoi sodali, anche i più stretti, sono creature terrestri distanti anni luce. Del resto il Mausoleo di Arcore, al quale ha lavorato anche Cascella, è pronto, sono curioso di sapere se la tomba sarà in porfido rosso come quella di Napoleone aux Invalides, ma il destino è ormai segnato. Il 14 dicembre gli dedicherò non il requiem di Brahms, già dedicato, nè quello di Mozart, troppo conosciuto e perciò banale, ma quello di Faurè, molto più dolce, perchè riposi in pace, politicamente, ovvio,  mentre la sua barca entra lentamente nel Lete per  il suo ultimo viaggio.
Dedicherò a Gianni Letta e ai più stretti sodali un prossimo post. Oggi, all'alba di un gelido 4 Dicembre, mi piace limitarmi a pre vedere e a pre gustare quello che accadrà nei prossimi giorni. Sei stato un grande, Silvio: te lo dice uno che ha gestito per sette anni, dal 1985 al 1992, i rapporti tra l'Istituto di Credito per il quale lavorava e il tuo Gruppo e, perciò, aveva capito tutto con vent'anni di anticipo. Ti confesso: in questo momento mi sento bene ed ho una certa considerazione di me stesso. Mi si dia atto che da quando tengo, come direbbero a Napoli,  u' blog, la mia linea di pensiero è stata coerente e senza sbavature. E anche dell'aver scovato nei recessi della storia la figura di Carlo VI di Francia (cfr. etichette al riguardo) mi faccio vanto.
Adesso basta, altrimenti il mio ego diventa più ipertrofico del solito e mi tocca dar ragione a mia moglie, che mi conosce bene.
Vista l'ora, a queto punto, ci vuole una bella tazza di latte caldo: intero. Non ho mai capito il latte scremato

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