Visualizzazioni totali

mercoledì 4 dicembre 2013

LA TRAGEDIA DEI 7 OPERAI CINESI BRUCIATI VIVi A PRATO

La tragedia di Prato, dove 7 operai cinesi sono morti bruciati vivi nella fabbrica dove lavoravano e dormivano, induce ad una serie di considerazioni.
In primis che questi operai vivono nelle stesse condizioni in cui si trovarono a vivere gli operai durante la prima rivoluzione industriale a fine settecento, inizio ottocento.
Sono passati due secoli, si è esaurita l'esperienza del socialismo utopico di metà ottocento, si è esaurita, in un contesto terrificante per i popoli, l'esperienza del comunismo al potere in URSS e nei paesi satelliti. In CINA negli ultimi trenta anni si sono create condizioni di vita simili a quelle della Rivoluzione industriale. In sintesi, siamo tornati al punto di partenza. Oggi in larga parte del mondo ci sono rapporti di vera e propria schiavitù, noi che pensavamo che la schiavitù fosse stata abolita,che nel nostro Paese interessano soprattutto la raccolta di frutta e verdura nelle regioni del nostro meridione, l'edilizia(quanti manovali algerini, tunisini, albanesi, nei nostri cantieri), ed il tessile/abbigliamento soprattutto a Napoli e nelle città della cintura intorno a Firenze, Prato e Sesto Fiorentino in primis.
Ora mi domando:
a) noi ci vantiamo di avere una delle Costituzioni più belle del mondo, ed è vero. Ma come facciamo a tollerare che sul nostro territorio avvengano queste cose?
b) le ditte cinesi clandestine fanno una concorrenza sleale alle nostre aziende. Ma ci vuole molto ad intervenire e far chiudere quei laboratori? Non mi si dica che non si sa dove siano. Perché i sindacati non si sono mossi ed appaiono ambigui? La nostra industria deve affrontare la concorrenza dei prodotti che provengono direttamente dal sud est asiatico e, come se non bastasse, anche quella di ditte che operano sul nostro suolo.
In questi giorni si parla molto di come affrontare questa crisi e di rilanciare l'economia. Cuperlo, uno dei tre candidati alla segreteria del PD, ripete ad ogni piè sospinto che la crisi è una crisi da basso livello di domanda. Vero, sotto certi aspetti, ma Cuperlo confonde gli effetti con le cause. Certo c'è bassa domanda perché la gente ha sempre meno soldi da spendere. Perché ha meno soldi lo sappiamo tutti: perché il valore reale dei salari e degli stipendi è stato falcidiato, perché molti hanno perso il lavoro senza alcuna speranza di ritrovarlo, perché molti temono di perderlo e stanno attenti per risparmiare qualcosa, ma questo perché? Perché il sistema Italia ha perso la capacità di essere competitivo e la priorità è ritrovarla. La si ritrova eliminando innanzitutto la concorrenza sleale in casa nostra(quindi si debbono chiudere tutti i laboratori clandestini sia perché non rispettano le regole generali della salvaguardia della dignità dei lavoratori sia per eliminare una concorrenza sleale............e non mi si dica, ripeto, che non si sa dove sono). Ho letto che da Prato escono 1 milione di capi al giorno che invadono l'Europa. La concorrenza ce la fanno su tutti i fronti.
Poi dobbiamo concentrarci sui settori nei quali siamo ancora tra i più forti al mondo e puntare sul breve termine su ciò che esiste ed è consolidato.
a) il settore  agroalimentare: Il mondo è pieno di nostri prodotti alimentari contraffatti; possibile che non si possa far nulla per difendere i nostri marchi? Penso ad una valorizzazione e ad una maggiore incisività degli uffici legali dei vari enti ed organi preposti (ICE, Consolati), Uffici di rappresentanza di grandi banche e grandi assicurazioni. Perché non aprire nelle maggiori città del mondo centri commerciali con identico "look" e quindi riconoscibilissimi, dove vendere prodotti italiani di elevata ed elevatissima qualità? I cittadini di Amburgo potrebbero trovare piacevole passare una volta ogni 15 giorni qualche ora nei nostri centri commerciali e cercare il meglio in campo alimentare da condividere con i loro amici, parenti, conoscenti. Ho citato Amburgo perché è noto l'amore dei tedeschi per le cose belle che abbiamo saputo fare in passato e che continuiamo a saper fare.Questi centri potremmo chiamarli che so: "casa Italia", meglio in inglese, o in qualsiasi altro modo che faccia subito pensare al nostro Paese.
b) il turismo:abbiamo il sessanta per cento del patrimonio culturale del pianeta. Il turismo deve essere la nostra principale industria. Anche perché il turismo è il settore in cui si creano molti posti di lavoro con basso onere di investimento procapite Ma il turismo per essere rilanciato ha necessità di logistica di primo livello (aereoporti, autostrade, ferrovie) di una organizzazione al meglio, di un corretto rapporto qualità/prezzo, di serietà di comportamenti, di amore per le bellezze del nostro territorio. I musei dovrebbero restare aperti 24 ore su 24 il che richiederebbe l'assunzione di personale; per esempio potrebbe essere una occasione di impiego provvisorio per gli studenti. Un custode professionista che coordina, che so, dieci studenti Il turismo richiede anche un'altra cosa: che si conoscano bene le lingue, specie l'inglese: il livello di conoscenza delle lingua tra la nostra popolazione è tra i più bassi del pianeta e occorre intervenire subito in merito. Oggi la bilancia turistica vede 20 miliardi di entrate (turisti che vengono nel nostro Paese) e 30 di uscite (italiani che vanno all'estero). Basterebbe invertire il rapporto-
c) sfruttamento (exploitation direbbero i francesi che danno all'espressione carattere positivo) del nostro patrimonio artistico culturale. E' molto simile al punto precedente ma non è la stessa cosa. Penso alle tournée all'estero delle nostre orchestre, a mostre da organizzare con l'immenso materiale che ora giace nei magazzini dei grandi musei ecc ecc ecc 
d) sostegno ai settori industriali che ancora ci vedono protagonisti (meccanica, robotica, tutta l'italian fashion ecc)
Ma cinque sono le cose imprescindibili per rilanciare il sistema produttivo del Paese: a) voglia di rimettersi in gioco e di lavorare b) correttezza ed onestà nei comportamenti c) riduzione drastica di tutto il fardello burocratico che grava sull'attività di impresa d) riduzione del carico fiscale per le imprese; oggi è insopportabile e penalizza gli imprenditori corretti e) lotta vera all'evasione fiscale che tagli le unghie a chi fa concorrenza sleale agli imprenditori che rispettano le regole.
Questa è la via, a mio avviso, per far ripartire il Paese e per far ripartire la domanda interna. Se ci si limita a vedere la crisi semplicemente come "carenza di domanda" si fa un errore prospettico grave. Riduciamo il cuneo fiscale? Mettiamo più soldi in busta paga? aiutiamo chi arranca? Nell'attuale contesto anche trecento euro al mese di aumento in bustapaga (faccio per dire)servirebbe solo ad alimentare la richiesta di cose prodotte all'estero e peserebbe sulla bilancia commerciale del Paese. Con questo non voglio dire che non si debba fare mala prospettiva da cui veder le cose deve essere rovesciata.
Fate un piccolo giochino. Appena alzati prendete un foglio di carta bianca  e scriveteci le prime dieci cose che utilizzate nel corso della giornata. Vedrete  che 8 su dieci sono cose prodotte all'estero. Negli anni '60 era il contrario
Ed intanto ieri sera è stato inaugurato  un ristorante cinese della catena WEN a venti metri da casa nei locali che ospitavano in precedenza  la TRONY.
Grande successo, anche perché la cena la offrivano loro, grande conferma di quello che avete appena letto

Nessun commento:

Posta un commento