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lunedì 12 dicembre 2011

IL DON GIOVANNI DI BARENBOIM E QUELLO DI MUTI

La stagione alla Scala è stata inaugurata il 7 Dicembre con il Don Giovanni di Mozart, direttore il Maestro Barenboim regia del canadese Robert  Carsen.. All'evento ho già dedicato un post.
Ritorno in argomento per esprimere il mio giudizio: non mi è piaciuta nè la direzione di Barenboim, che pure stimo tantissimo come intellettuale e come uomo per i messaggi che lancia in continuazione per favorire la comprensione, la solidarietà, la pace tra i popoli, nè le voci e, soprattutto, non mi è piaciuta la regia tranne la bellissima scena iniziale in cui Don Giovanni lacera il sipario che rifletteva con effetti estetici eccezionali la platea e i palchi della Scala( il teatro che si specchia nella vita e viceversa). Il mio giudizio non è isolato: anche il Pocuratore Borrelli non ha apprezzato e parecchi altri. La serata, peraltro, ha avuto pieno successo e questo mi fa enorme piacere, anche e per non poco, per la presenza uno accanto all'altro di Giorgio Napolitano e Mario Monti, le massime Istituzioni insieme nella missione comune di ridare dignità morale, intellettuale, economica a questo nostro sgancherato Paese.
Non mi è piaciuta la direzione di Barenboim che ho trovato incolore e caratterizzata da insufficiente energia, le voci anche belle ma che trasmettevano poco, infine la regia, a mio avviso largamente discutibile.
Capisco benissimo che non bisogna aver paura di innovare, ma far arrivare Donna Anna in scena con occhiali da sole firmati (Prada direi), far cantare Don Giovanni mentre sceglie vestiti da una "rastrelliera" per dare l'idea che è un gran "dandy", espressione desueta, far recitare Donna Anna, Donna Elvira e Zerlina in sottoveste per dire che si tratta di sesso, non mi sembra una grande idea. E, faccio un esempio per tutti, far cantare Leporello nell'aria iniziale ( ...e non voglio più servir....e non voglio più servir) vestito con la pettorina dei metalmeccanici forse rende l'idea che Leporello non appartiene alla classe dirigente ma ben altra poteva essere la lettura.
Sulla fine del settecento cominciano a diffondersi nella società europea idee "nuove," elaborate da quella corrente di pensiero che siamo soliti chiamare "illuminismo", e che troveranno pieno riconoscimento con "les princìpes" affermati durante la rivoluzione francese. Solo cinquant'anni prima nessun "servitore" avrebbe osato esprimere come fa Leporello l'aspirazione ad un "salto" di classe. Lo stesso Beumarchais negli stessi  anni aveva avuto non poche noie per aver affermato nelle Nozze di Figaro gli stessi princìpi e lo stesso desiderio da parte delle classi subalterne di rompere le catene con le quali l'Ancien Regime aveva ingessato e reso immobile la società.
E  a questo punto sorge spontaneo il confronto con un altra prima del Don Giovanni alla Scala. quella del 1987 con Muti alla direzione e Strehler alla regia.
Io non ho particolari simpatie  per Muti, che trovo superbo, scostante, nel complesso sgradevole, molta più sintonia sento per Strehler la cui mancanza si fa sentire sempre di più nel panorama teatrale italiano. Ebbene, il giorno dopo la prima di quest'anno, il Gruppo editoriale Repubblica/L'Espresso ha pubblicato un DVD con la prima del 1987. Ed il confronto è chiaramente a favore, a mio avviso, di quest'ultima.
Già nella sinfonia iniziale, non facile ma bellissima, Muti tira fuori dalla partitura  tutto quello che essa poteva esprimere. E che dire della regia e dei costumi di Strehler, il quale fa cantare a Leporello l'aria iniziale vestito lussuosamente come un nobile del suo tempo. L'aspirazione al "salto di classe" ha trovato immediato riscontro oggettivo, visivo, estetico.
Non proseguo oltre, anche perchè non sono un critico musicale, non sono un "melomane" esperto di musica lirica e non è mio intendimento utilizzare questo spazio per esprimere giudizi su argomenti che non sono i miei e che padroneggio con qualche difficoltà e parecchie lacune. Il mio intendimento, nello scrivere quello che scrivo, è quello di condividere con chi mi legge "argomenti" sui quali discutere, informazioni e giudizi sui quali confrontarsi. Confronto che è  l'asse portante del nostro essere "cittadini" liberi e consapevoli, e che è  strumento attraverso il quale ci sforziamo di contribuire a creare rapporti umani caratterizzati da rispetto ed ascolto delle ragioni degli altri nella costruzione di quella società serena, equilibrata e solidale che è nelle speranze di molti.

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